TAPPA 1

Da Abbazia di Montevergine
Mercogliano
alla Grotta di San Michele Arcangelo
Tufo

Info del percorso

Montervergine

Da molti angoli panoramici dell’Irpinia, ma anche dal territorio beneventano, dal golfo di Napoli e perfino del subappennino pugliese si intravvede, sulla costa del Partenio, il bianco edificio del santuario di Montevergine. Da Benevento ad Avellino lungo l’autostrada per Napoli, il profilo del luogo sacro si staglia in alto come un nido inserito fra le rocce e i boschi. Nel raggio di un centinaio di kilometri, Montevergine è un nome ben conosciuto e amato dalle popolazioni: è la casa regale dove abita “Mamma Schiavona”, come il popolo devoto chiama la Vergine Maria venerata a Montevergine. Esso è un luogo di indimenticabili esperienze di rigenerazione spirituale, avvenute a conclusione di un pellegrinaggio esigente, molto diverso da una gita o dalla semplice meta di una escursione turistica. Questo, certamente, è il senso prevalente che Montevergine ha assunto duramente i novecento anni della sua storia. Ma non è l’esclusivo: il monte acquisisce altri significati, che si aggiungono e si sovrappongono al primo, essendo divenuto centro di irradiazione di un monachesimo medievale riformato, vertice di un potere ecclesiastico tra i più influenti dell’Italia meridionale sotto l’aspetto sociale, culturale, politico, amministrativo ed economico. In parte, l’importanza dell’abbazia verginiana è derivata dal sistema organizzativo dell’istituzione monastica che accentrava i poteri nella Casa Madre e controllava lo sviluppo religioso ed economico dei monasteri dipendenti dell’autorità dell’Abate di Montevergine e, in parte, dal favore delle dinastie politiche dei normanni, degli svevi e degli angiolini. L’importanza della Congregazione Verginiana s’impone ormai indiscussa dopo le pubblicazioni di G. Mongelli, di P. M. Tropeano che assicurano il contatto scientifico con le fonti archivistiche (Regesto dell’archivio e Codice diplomatico delle pergamene) e gli innumerevoli saggi specialistici presentati in convegni di studio e su riviste da un numero imponente di ricercatori. La storia civile e religiosa del Mezzogiorno, nel corso del Medioevo, passa attraverso le grandi fondazioni monastiche di Montecassino, di Cava e di Montevergine. Da quei monasteri e dalle loro numerose dipendenze si irradiò a lungo l’azione civilizzatrice delle contrade che beneficiarono della loro presenza. Del resto, gli Abati e i monaci di tali fondazioni furono partecipi delle vicende politiche, sociali ed economiche di ampi territori sia per i loro rapporti con le dinastie sovrane dell’Italia meridionale, sia per i loro rapporti con le dinastie sovrane dell’Italia meridionale, sia per il loro coinvolgimento nella storia delle masse dei contadini, dei signori, dei castellani e feudatari laici delle terre contermini ai possedimenti delle abbazie. La storia di quei territori non potrebbe essere conosciuta e ricostruita senza le preziosissime pergamene custodite negli archivi dei monasteri. In effetti: Montevergine, nella sua storia e nella eredità che accoglie dai secoli passati, racchiude in se i tesori straordinari e la grandezza di un luogo carico di storia.

(tratto da MONTEVERGINE di Francesco Pio Tamburrino Edizioni Padri Benedettini 2019)

La tappa in sintesi

Partendo dall’Abbazia di Montevergine (fondata da S. Guglielmo) sul Monte Partenio a m.1.270 slm, nel territorio del Comune di Mercogliano, percorrendo in discesa il sentiero storico del pellegrinaggio della “Juta a Montevergine” si giunge nel centro storico di Ospedaletto d’Alpinolo m. 725 slm.

Da qui, si prosegue per il cosiddetto “sentiero Niespolo” per giungere a Summonte e poi nel Comune di S. Angelo a Scala dove con una piccola deviazione al percorso si potranno visitare i resti del Monastero di S. Silvestro. Il percorso continua nel Comune di Capriglia, per giungere all’arrivo della prima tappa a Tufo presso la Grotta di San Michele Arcangelo.

Juta a Montevergine

Storia del sentiero religioso della “Juta a Montevergine”

Il pellegrinaggio ben rievocato nella Juta a Montevergine ebbe inizio sin dai tempi di San Guglielmo da Vercelli.

L’incantesimo della Juta si rinnova sotto gli auspici di Mamma Schiavona tutti gli anni da qualche decennio. Nei giorni 10, 11 e 12 settembre rivive ad Ospedaletto il tradizionale appuntamento della Juta a Montevergine organizzato dal Comune e dalla Parrocchia SS. Filippo e Giacomo con il patrocinio della Regione Campania della Provincia, dell’Ente provinciale del Turismo della Comunità Montana del Partenio e dell’Ente Parco.

La Juta assume una portata ed un significato spirituale e profano e risulta ricca di manifestazioni suggestive ed incontri culturali.

Le tradizioni popolari, tramandate alle future generazioni diventano monito di insegnamenti ed ausili per una migliore qualità della vita ricca di certezze e richiami spirituali.

La manifestazione, quindi, è la testimonianza vivente dell’antico pellegrinaggio a Montevergine. Nella rappresentazione, tra storia e leggenda, testimonianza letterarie, dipinti, fotografie d’epoca e ricordi viene rappresentato il viaggio nel tempo dei viandanti in cammino presso la vetta.

La Juta ci restituisce plasticamente tutta la complessità di quello che è stato, per secoli, il più importante rito collettivo della nostra Terra distinguendone, attraverso le testimonianze visive gli aspetti religiosi e rituali, in primo luogo, ma anche quelli economici, turistici e imprenditoriali locali. Un rito ricco di suggestive immagini, attraverso le quali nella terra dell’accoglienza, Ospedaletto rivivono e si incontrano due mondi, passato e presente, proiettati nel futuro: l’ospitalità, il faticoso cammino a piedi, le riposanti fermate alla Cappella dello Scalzatoio, alla Cappella della Sedia della Madonna, al Casone, il rito del Nodo alla ginestra per sciogliere ”Voti”, l’animazione nelle Piazze di Ospedaletto con canti a fronne è limone, canti a figliola, danze, pizziche, e tammurriate, degustando la nostra cupeta, Èndrite e le tradizionali castagne del Prete. 

Rivivono nella Juta i grandi: Giuseppe Marotta con “L’oro di Napoli”, da cui Vittorio De Sica e Cesare Zavattini trassero una trasposizione cinematografica, l’inglese Edward Lear, che nel settembre del 1847 imboccò “una strada carrozzabile che dalla citta portava al villaggio di Spedaletto”, il meridionalista Lucano Giustino Fortunato e lo scrittore verista toscano Renato Fucini.

Spiccano, infine, nella Juta le firme di Raffaele Viviani (1927) autore di “La Festa di Montevergine” e del poeta Alfonso Gatto, che ha sintetizzato in un suo scritto in maniera mirabile la peculiarità della juta.

Troviamo riferimenti e vicende storiche legate alla festa sacra con il dott. Fulvio Sellitto che ha curato il testo “Un Paese si racconta-Ospedaletto: mito riti ed umanità”, Eric Lamet ebreo internato negli anni di guerra ad Ospedaletto che ha pubblicato il libro “Salvato dal nemico” e ancora nel libro “Ospedaletto luogo della mia anima” del sindaco professore Luigi Marciano, dove la memoria di un luogo, Ospedaletto, tiene lo spirito vivo e il cuore pulsante, e infine “La Chiesa che amo” di don Vittorio Guerrillo, che rappresenta il perfetto connubio tra storia, fede ed arte di Ospedaletto D’Alpinolo

Ospedaletto ha basato da sempre la propria economia grazie alla sua simbiosi con il Santuario.

La castagna del prete e la famosa “cupeta” oggi sono esportate in tutto il mondo, grazie alle capacità dei nostri imprenditori. 

 

“La Juta a Montevergine oggi”

Nella forma attuale, la Juta a Montevergine, nasce 26 anni fa e si fonda sulla valorizzazione delle tipicità locali con una forte attenzione alle tradizioni storiche antropologiche e religiose che connotano l’aera in cui insiste il Comune di Ospedaletto d’Alpinolo. A partire dalla secolare tradizione del pellegrinaggio al Santuario di Montevergine che investe il territorio del Partenio.

È una manifestazione dedicata alla Madonna di Montevergine che viene ripetuta durante l’anno perché apre e chiude un ciclo di celebrazioni dedicato alle Sette Madonne che si svolge in luoghi e santuari diversi e che si conclude il 12 settembre. I pellegrini che si recano in adorazione della Madonna, giungono di solito la sera precedente e sostano ad Ospedaletto d’Alpinolo, da cui partono il mattino seguente per compiere la cosiddetta “sagliuta” o “juta”. 

La manifestazione, che mette insieme gli elementi folkloristici e religiosi popolari, è caratterizzata da tammurriate che continuano per tutta la mattina sul sagrato del Santuario. Caratteristico è il canto che viene eseguito sull’antica “scala santa” della Chiesa: ad ogni gradino ci si ferma, un solista intona la proposta mentre il coro conclude. 

La “salita” intera consta di 23 gradini e tutta la scala rappresenta la stessa montagna. Alla fine del rito, si entra in chiesa e si esce dalla porta principale cantando col tamburo, senza mai voltare le spalle al quadro della Madonna. Particolarmente devoti, infine, sono i cosiddetti “femminielli”, che ogni anno si recano a Montevergine per rendere grazie alla loro Madonna prediletta, nella cosiddetta “juta dei femminiell”. Qui un nutrito gruppo, ogni anno rinnova la propria fede cattolica presentandosi in processione all’antica abbazia. 

Il rito si rifà ad un’antica tradizione secondo cui nel 1256, due giovani omosessuali furono scoperti a baciarsi e ad amarsi. Di fronte a questo evento l’intera comunità reagì denudando e cacciando dal paese i due innamorati che furono legati ad un albero sul Monte Partenio, in modo che morissero di fame o fossero sbranati dai lupi. La Vergine, commossa dalla loro vicenda e dal loro amore, li liberò dalle catene e permise alla giovane coppia di vivere apertamente il loro sentimento di fronte ad un’intera comunità che, attestato il Miracolo, non poté far altro che accettare l’accaduto.

B&B Le stanze dei nonni

Via De Nardi, 19
Mercogliano (AV)
tel. 340 3517357 (Mario)

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FLORY Trattoria Pizzeria

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La Tappa in sintesi

Sant’Andrea di Conza in provincia di Avellino è il punto di partenza dell’ottava tappa. Come le tappe 3-4-5 del cammino, anche la 8 e la 9 insistono in gran parte in aree montane, ad un’altitudine intorno ai 1.000 m. slm. Qui domina una natura intatta, con paesaggi al contempo, rarefatti e silenziosi, terre ricche di acque e di un verde intenso e rigoglioso che abbraccia piccoli borghi.

La tappa nel dettaglio

Il percorso inizia dal bel Palazzo dell’Episcopio nella parte alta del centro storico di Sant’Andrea di Conza (Av) 1.500 abitanti, 680 m. slm. (visitabile), attuale sede del Municipio, collegato con un magnifico giardino panoramico e teatro all’aperto.

Dopo qualche centinaio di metri, si raggiunge in salita, l’area de ‘La Fonte’ con un antico mulino a caduta con archi in pietra.  Dopo ca. 4 km. si prosegue in salita fino a raggiungere il centro abitato di Pescopagano (Pz) 1.800 abitanti, 800 m. slm, è qui che dalla Campania si passa in Basilicata.

Dopo una meritata pausa nella piazza principale (fontana potabile), consigliamo di visitare il centro storico ben ricostruito dopo il terremoto del 1980. Proseguendo il cammino in salita si raggiunge l’area del cimitero e da lì lungo la stretta stradina per ca. 6 km, con vari saliscendi si attraversano ambienti naturali intatti e incontaminati con molte acque sorgive.

Giunti a 1.002 m. slm, ci aspetta il Santuario della Beata Vergine Maria di Monte Mauro, luogo di pellegrinaggio caro ai pescopaganesi > info: https://www.santuaritaliani.it/santuario/beata-vergine-maria-di-montemauro/

Dal piazzale circostante il santuario, luogo di sosta deputato, vi è una vista meravigliosa sugli altopiani lucani dove svetta il Vulture. Dal santuario si prosegue per ca. 3 km. su una strada in terra battuta fino all’incrocio (930 m. slm) con le strade statali e provinciali che collegano l’Alta Irpinia con l’area di San Fele.

Si prosegue per ca. 3,8 km, seguendo una stradina in gran parte sterrata lungo la contrada Carosello, per arrivare al termine della tappa 8, proprio dinanzi la Chiesa madre di San Nicola nel centro storico di Rapone (Pz) 900 abitanti, 840 m. slm, il paese delle Fiabe.  

Dormire a Rapone

D. Giovanni De Palma può ospitare nella casa canonica fino a 6 posti letto tel. cell. 349 8682691. Il timbro sulla credenziale è rilasciato dallo stesso D. Giovanni o in sua assenza da un suo delegato.

Mangiare a Rapone

A Rapone non ci sono trattorie, prenotando con anticipo ci si può rivolgere per una colazione o un pasto caldo a Luciana Ricigliano che gestisce anche il circolo Meeting Point, nei pressi del Municipio cell. 329 0439025. Per il pernottamento in un casolare con bella posizione panoramica, a meno di 1 km. dal centro di Rapone, con 6 posti letto e l’uso della cucina, si può contattare Antonella Angelillo cell. 333 6277104; posizione: https://maps.app.goo.gl/A3Xwd8tb2tzCfJyN6. Nella vicina Ruvo del Monte (Pz), a 6 km. ca. la Locanda Al Giglio d’Oro, un ottimo ristorante. Tel. 097 697516 offre anche camere B&B. Si può telefonare e chiedere la cortesia di avere un passaggio in auto. 

Da vedere a Rapone

Il Il museo multimediale delle Fiabe di Rapone. Per visitarlo chiedere informazioni alla Pro Loco, Corso Umberto I, 15 Rapone, 85020 info@prolocorapone.com tel. 0976 95 002.

Riferimenti utili a Rapone

Il consigliere comunale Donato Angelillo cell. 328 2619955 opportunamente avvertito, è un ottimo accompagnatore per il centro storico con la chiesetta di S.Maria in Nives e la adiacente neviera (da non perdere). Donato potrà dare indicazioni anche per visitare il Museo multimediale delle Fiabe dove è protagonista lo ‘scazzmauriello’ un antico folletto molto popolare tra Campania e Basilicata. 
https://www.youtube.com/channel/UChhCITwaurqVXrZdS5JQ63Q.

Il Parroco D. Giovanni De Palma fa visitare volentieri la chiesa madre di San Nicola ove sono custodite le reliquie dei pastorelli di Fatima e del beato Carlo Acutis. 

Il sig. Antonio Tozzi è disponibile a fornire info e supporto in caso di difficoltà lungo i tratti del percorso cell. 328 9766429

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Tappa 1

Da Abbazia di Montevergine Mercogliano a Grotta dell’Arcangelo Michele Tufo