L'enogastronomia
del Cammino

di Annibale Discepolo

Il sud si conferma scrigno di bellezze naturali preziosissime e irriproducibili: paesaggi, castelli, borghi, abbazie, conventi, pievi. La bellezza cammina parallelamente al bene primario cui l’uomo da quando esiste il mondo non poteva e non può rinunciare: il cibo. Che questo progetto, Cammino di Guglielmo inevitabilmente e piacevolmente unisce in un matrimonio divino in cui camminare, pensare, scoprire e degustare lungo trecentoventi chilometri di un percorso che partendo dall’Irpinia, attraversando la Basilicata, sbarca in Puglia da dove il pellegrino Guglielmo da Vercelli si sarebbe dovuto imbarcare per la Terra Santa.

Peripezie e problematiche glielo impedirono; poi, un’apparizione gli indicò la strada del ritorno in Irpinia, da dove parte anche questo nostro, vostro viaggio nei cinque sensi. Sì perché questo cammino consente di interfacciarsi con l’ambiente che lo circonda, ovvero quello che vedrà, ascolterà, toccherà, annuserà e mangerà. Soprattutto questi ultimi due sensi, saranno compagni di un cammino che è anche l’occasione per poter degustare prodotti e piatti di tre regioni. Insomma, un vademecum enograstronomico decisamente imprescindibile, che parte dall’Irpinia, quella cosiddetta alta da cui ha origine il viaggio, ovvero Montevergine, vetta eletta per una religiosità molto sentita e celebrata nell’omonima abbazia che nel 2024 ha compiuto 900 anni e che ricade nel territorio di Mercogliano e poi Ospedaletto, seconda tappa.

Entrambe regalano prodotti unici e tipici della fascia del monte Partenio: dalle castagne ai tartufi, alle nocciole, utilizzate per confezionare il notissimo torrone. Ed anche i celebrati sette liquori benedettini, in primis l’Anthemis, verde come il colore dell’Irpinia, prodotti con le erbe raccolte dalla Comunità Verginiana di Montevergine lungo le pendici della montagna cara a Mamma Schiavona, la Madonna Nera. Mercogliano ha anche una produzione limitata e ricercata di formaggi dal gusto intenso, ottenuti dalla lavorazione del latte di mucche e pecore che allevano in media ed alta montagna i pastori del luogo come pure quelli di Ospedaletto d’Alpinolo.

Passando per Prata di Principato Ultra e Tufo, la sosta è obbligata e consigliata nelle cantine dei due paesi, noti per il la produzione di due Docg (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) conosciute nel mondo: il Fiano di Avellino ed il Greco di Tufo (ma anche Falanghina e Coda di Volpe, oltre a grappe ottenute con la lavorazione di vinacce autoctone), acquistabili nelle diverse aziende della zona, in cui l’ospitalità e la disponibilità sono il valore aggiunto di prodotti unici e irriproducibili. A Chiusano di San Domenico non c’è che l’imbarazzo della scelta per formaggi ed insaccati lavorati da mani sapienti. Le patate ed i fagioli allevati al Piano di Sant’Agata completano il quadro (il riferimento è a quello caravaggesco) di gustosissime ma soprattutto tipiche proposte, impreziosite dalle fragoline di bosco, altro punto di forza insiene alle coccetelle – alias gnocchetti – al ragù, proposti da taverne e ristoranti del luogo.

A Montella e Bagnoli Irpino, non c’è che l’imbarazzo della scelta tra tartufi, castagne, caciocavalli, formaggi, ricotte, cacio ricotta, trecce, reperibili nei vari caseifici della zona che fanno prodotti di qualità altissima e controllata. A Sant’Angelo dei Lombardi, condivisa con i comuni limitrofi di Guardia de’ Lombardi, Rocca San Felice e Frigento, c’è una delle produzioni casearie più intriganti ed uniche in Italia, sotto il profilo degustativo: il Carmasciano Igp, il noto e particolare formaggio pecorino della valle d’Ansanto – da Virgilio indicata come la porta degli inferi – dal sapore unico, generato dalla componente sulfurea dell’area della Mefite in cui è prodotto da poche famiglie. La Basilicata, terra di mezzo nel cammino Irpinia-Puglia, riserva diverse e naturalmente “buone” sorprese. A partire dall’Aglianico del Vulture, rosso di grande personalità, della stessa famiglia del Taurasi, entrambi figli di due territori che regalano sensazioni degustative diverse ma accomunate da un fil rouge identitario di uno straordinario vitigno, l’Aglianico, appunto. E dalle uve omonime che incontrano le amarene, nasce un delizioso liquore estivo, il Sempre Freddo.

Un cammino che offre affinità elettive spiritualmente parlando, ma anche degustativamente: vedi il peperone di Senise, che si trasforma dopo l’essiccatura e l’intrigante croccantezza in “crusco”, cugino di quello della Valle dell’Ufita. E poi gli igp: dai fagioli di Sarconi al celebre formaggio a pasta dura, Canestrato di Moliterno, matrimonio bianco del latte intero di pecora con quello di capra; i caciocavallo: intrigante la versione “impiccato”, ovvero sacrificato su un’asta di legno dove viene fatto cuocere su un barbecue; il Rafano lucano che in polvere è indispensabile per condire pasta e frittate, detto  anche il “tartufo dei poveri”, dalle diverse proprietà benefiche: Completano il paniere, soppressata, salsiccia nelle versioni dolce e piccante, la pancetta tesa, e poi le paste della tradizione lucana, come i ferricelli fatti “a ferretto”, gli “strascinati”; la farina di grano duro, Senatore Cappelli, altro prodotto che viaggia a cavallo di Irpinia e Basilica; il celebre pistacchio lucano della collina materana.

Insomma, Basilicata “Coast to coast”,  volendo rammentare un celebre film di Rocco Papaleo che supera i confini lucani ed entra in Puglia, altro scrigno di una biodiversità di bellezze naturali e degustative letteralmente senza fine, che meritano un brindisi che obiettivamente mette in difficoltà, potendo – e dovendo – scegliere tra vini (ben 28 Doc) e 4 Docg a bacca rossa: Negroamaro, Primitivo di Manduruia, Aglianico – presente anche qui -, Castel del Monte Bombino nero, l’Uva di Troia e il tipico Susumaniello e in livrea bianca: Bombino e Malvasia, Pampanuto e vitigni internazionali che qui hanno attecchito a meraviglia.

La gastronomia riserva altrettante dolci proposte, “benedette” dall’olio di cultivar locali quali Coratina, Leccino, Ogliarola, da utilizzare sulle paste tipiche: orecchiette, cavatelli, anche qui gli “strascinati”, i lampascioni sott’olio e sott’aceto; il celebre pane di Altamura e quello di Laterza, i taralli e le freselle; i formaggi: i Dop Canestrato pugliese e caciocavallo silano a pasta semidura, la burrata di Andria. E arriviamo a Barletta con il giovane Guglielmo: avrà saggiato i secc’mbutteit (ovvero seppie ripiene unite alle patate) e le zeppole di san Giuseppe?

Il Cammino di Guglielmo è un itinerario dell’animo umano!