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Il Cammino ripercorre le tracce del giovane pellegrino Guglielmo, nativo di Vercelli, fondatore delle abbazie di Montevergine e del Goleto, santo patrono d’Irpinia, tra i principali santi fondatori di ordini monastici come ricordato dalla Chiesa romana.
Guglielmo ha camminato giovanissimo (non ancora santo) lungo le vie dei pellegrinaggi europei, la Giacobea, la Francigena e poi l’Appia; ecco perché il “Cammino di Guglielmo” e non di San Guglielmo…
Il Cammino attraversa 3 regioni (Campania, Basilicata e Puglia) in 15 tappe per complessivi 320 km.; coinvolge oltre 30 comuni e 4 enti parco: il Parco regionale del Partenio e il Parco regionale dei Monti Picentini, in Irpinia; il Parco del Vulture, in Basilicata, e il Parco naturale regionale del fiume Ofanto, in Puglia.
Il cammino si snoda lungo i luoghi legati a Guglielmo, in primis le abbazie fondate (e costruite con le proprie mani) in Irpinia: l’Abbazia di Montevergine e l’Abbazia del Goleto; quindi, i siti religiosi legati alle fondazioni guglielmine: l’Eremo di S. Maria della Valle (detto anche di S. Guglielmo) a Chiusano di S. Domenico (Av), la Badia di S. Maria di Pierno presso San Fele (Pz) e il monastero di S. Bartolomeo a Melfi (Pz).
Inoltre, tocca alcuni luoghi significativi legati all’eremitaggio e ai miracoli di Guglielmo: la grotta dell’apparizione sul lago Laceno, il monte Sirico sopra la fiumara di Atella, il monte Crugname e la chiesa rupestre di Santa Margherita a Melfi dov’è l’unico affresco coevo che rappresenta Guglielmo; infine, a Venosa, si riscoprono le tracce del monastero fondato dalla beata Agnese a seguito della conversione miracolosa da parte di Guglielmo.
Non mancano alcune soste nei santuari della fede popolare tra Irpinia, Basilicata e Puglia: dal santuario di S. Silvestro alle falde del monte Partenio, alla basilica paleocristiana della SS. Annunziata presso Prata Principato Ultra, fino al santuario di Materdomini (Caposele), legato alla figura di S. Gerardo Maiella, nativo di Muro Lucano.
In Basilicata, prima di arrivare a Pierno, si sosta al santuario della Beata Vergine Maria di Montemauro (presso Pescopagano) e poi a Rapone alla Chiesa di San Nicola; dopo Pierno, si arriva alla badia (con la suggestiva grotta) di S. Michele Arcangelo sui laghi di Monticchio mentre in Puglia sono previste soste alla Grotta di S. Michele Arcangelo, a Minervino Murge e alla Concattedrale di S. Sabino, a Venosa.
Camminando lungo le sponde dei fiumi, seguendo l’Ofanto -che nasce nei pressi dell’Abbazia del Goleto- si attraversano alcuni ponti romani: il primo a Lioni, e poi, più avanti, quello che intersecano l’Appia tra Melfi e Venosa, fino al mirabile ponte che segna l’ingresso a Canosa.
Superata Venosa, tra Montemilone e Minervino Murge si sosta lungo la sponda del lago di Locone; tra Canosa e Barletta si passa per lo straordinario sito archeologico di Canne della Battaglia; una sosta è prevista alla piccola stazione alberata di Canne sulla linea Barletta-Spinazzola. Altre stazioni ferroviarie si toccano sulla storica linea Avellino-Rocchetta S. Antonio, in particolare si intersecano le stazioni di Montefalcione, Cassano, Bagnoli Irpino, Campo di Nusco, Sant’Angelo dei Lombardi e Lioni.
In Basilicata, il Cammino è raggiungibile dalla stazione di Monticchio e si interseca sia alla stazione di Melfi che di Venosa mentre in Puglia si interseca all’arrivo delle tappe di Minervino Murge e di Canosa.
All’arrivo dell’ultima tappa, a Barletta, si può prendere il treno per rientrare ad Avellino con scali a Foggia o Benevento (3 ore ca.) oppure in bus (MarinoBus in 2 ore ca.).
Chissà, in futuro, molti altri tratti del Cammino si potranno raggiungere anche col treno…
In sintesi, quello di Guglielmo, è un intenso cammino tra monti e valli, intersecando in alcuni tratti la ferrovia, in altri seguendo i fiumi (Sabato, Calore, Ofanto, Bradano), fino a raggiungere il mare, la possibilità di imbarco per la terra Santa, meta agognata da Guglielmo che era stato già giovane pellegrino a Santiago de Compostela e poi a Roma. Poi, come sappiamo, l’Appia lo condusse nei luoghi di questo ‘cammino’.
Il Cammino, dopo circa 320 km. arriva a Barletta, in Puglia, alla foce dell’Ofanto dove era uno degli imbarchi per la Terra Santa, meta agognata dal giovane Guglielmo. L’ultima credenziale si timbrerà nella Basilica del Santo Sepolcro, architettura di straordinaria bellezza e di profondo significato storico e artistico.
Il lungo attraversamento di luoghi, storie, tradizioni e popolazioni, sui passi del santo pellegrino Guglielmo, è quindi un’immersione nell’esperienza umana, spirituale e mistica sul senso e il significato del vivere e del condividere la fatica del cammino.
Il Cammino intreccia valori culturali, artistici, antropologici, naturalistici e spirituali; cristiani.
Un cammino spirituale che parla di Vita, di Luce e di Acqua che parte dalle montagne irpine e segue il bacino imbrifero del fiume Ofanto; un cammino che fa sperare anche in una condivisa visione sistemica sostenibile.
Il protocollo di intesa -firmato a Montevergine il 14 febbraio 2023- è stato un primo sostanziale passo che ha come radice l’esperienza di dodici anni di cammini fatti sui passi di Guglielmo, portati avanti dal 2012 dalle tante associazioni radicate nel territorio irpino.
Nei mesi successivi, a seguito di sopralluoghi, visite e riunioni tra Basilicata e Puglia, hanno aderito ulteriori comuni, città e associazioni coinvolti dall’itinerario; tuttora, il protocollo è sempre aperto a coloro che vogliono aderire. Bisogna unitariamente collaborare a recuperare e manutenere i sentieri nell’ambito dei propri comuni.
A.V.
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Località e luoghi, elenco generale
01 Montevergine
02 Sant’Angelo a Scala
03 Grottolella
04 Tufo
05 Benevento
06 Prata di Principato Ultra
07 Chiusano di San Domenico
08 Aeclanum
09 Montella
10 Cassano Irpino
11 Lago Laceno
12 Bagnoli Irpino
13 Nusco
14 Goleto
15 Sant’Angelo dei Lombardi
16 Rocca San Felice
17 Mefite
18 Materdomini
19 Caposele
20 Sant’Andrea di Conza
21 Compsa
22 Rapone
23 San Fele
24 Pierno
25 Laghi di Monticchio
26 Melfi
27 Venosa
28 Minervino Murge
29 Canosa
30 Canne della Battaglia
31 Barletta
L’Irpinia, l’Appia e l’Ofanto
32 L’Irpinia
33 La Via Appia
34 Il Fiume Ofanto
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Le aree naturalistiche interessate dal Cammino
35 Parco Regionale del Partenio
36 Parco Regionale dei Monti Picentini
37 Parco Naturale Regionale del Vulture
38 Parco Naturale Regionale del Fiume Ofanto
39 Parco Regionale Gallipoli Cognato – Piccole Dolomiti Lucane_
01 Montevergine
-Notizie geografiche e storiche
Il Santuario di Montevergine sorge nel cuore dell’Irpinia. A 1.263 metri di altitudine, domina la valle del fiume Sabato. È un luogo di profonda spiritualità, da secoli meta di pellegrinaggi.
La storia di Montevergine è legata a Guglielmo da Vercelli che la fondò e costruì con le sue mani nel 1124, 900 anni fa. A Guglielmo si deve la costruzione di una chiesa dedicata al culto della Madonna, ancora oggi meta di pellegrinaggio, e la fondazione della congregazione verginiana.
L’Abbazia di Montevergine è raggiungibile a piedi (da Mercogliano o da Ospedaletto, attraverso il sentiero devozionale della Juta (coincide col Cammino di Guglielmo); una strada carrabile, con stretti e numerosi tronanti, collega l’abbazia con l’uscita autostradale Avellino ovest, sulla A3 Napoli-Bari.
Consigliamo di salirvi con la bella funicolare, costruita nel 1926 e inaugurata nel 1956; in soli 1.670 metri di lunghezza copre un dislivello di ben 734 metri, con un’inclinazione compresa fra i 43 e i 63 gradi. Si parte dal centro di Mercogliano e in 7 minuti raggiunge l’abbazia tra castagneti e spuntoni calcarei, con magnifici scorci panoramici sulla vallata e sull’abbazia di Loreto.
-Cosa vedere / da non perdere
Si consiglia di visitare l’interno della Basilica Antica dove è custodita l’effigie miracolosa della Madonna, una grande tavola della Madonna di Montevergine, per i fedeli ‘Mamma Schiavona’, opera di Montano d’Arezzo (fine XIII secolo). Da lì si può visitare la nuova ‘basilica cattedrale’, eretta nel 1952-61, ispirandosi alle forme del romanico. Innestata trasversalmente sul luogo di culto barocco, di cui incorpora quasi per intero la navata sinistra, ha dimensioni imponenti (54 m di lunghezza per 25 di larghezza). Le spoglie del Santo Guglielmo sono custodite sotto l’Altare maggiore. Da non perdere il MAM (Museo Abbaziale di Montevergine) che raccoglie numerose opere d’arte tra le quali la ‘Madonna del Latte’ o ‘Madonna di S. Guglielmo’, una bella tavola lignea del XIII sec. e numerosi altri dipinti su tela, dedicati alla vita di Guglielmo, opere di Domenico Antonio Vaccaro.
-Paesaggio
Se il raccoglimento del santuario di Montevergine offre conforto allo spirito, la salita alla basilica soddisfa l’occhio, aprendo ampi paesaggi dominati dai boschi di castagni e di faggi, con belle vedute sulla sottostante conca avellinese. (TCI)
Salendo all’abbazia si gode di viste mozzafiato: verso est si vede l’ampia catena dei monti Picentini mentre dal lato ovest si può ammirare il profilo del Vesuvio. Qui passa il ‘Sentiero Italia’ del C.A.I. (AV). Panorami ancora più ampi si guadagnano con l’escursione fino alla vetta del Montevergine (m 1493), in pieno Parco del Partenio: nelle giornate limpide la vista spazia fino al golfo di Napoli. (da Guida Verde ‘Campania’ / Touring Club Italiano).
-Relazione con il Santo Guglielmo e i suoi miracoli.
Dalla ‘Legenda della vita del Santo’ apprendiamo che il giovane Guglielmo, dopo essere giunto in Irpinia e fermato presso Atripalda (Av), nel 1118 salì sul monte sovrastante Mercogliano (Av), eleggendolo a luogo ideale per condurre una vita solitaria e farne un rifugio di pace e spiritualità. Qui, in prossimità di una sorgente e delle rovine di un tempio della dea pagana Cibele, Guglielmo costruì una piccola cappella dedicata a Maria Vergine; presso questa cappella san Guglielmo stabilì la sua dimora. Presto la sua fama si diffuse nella zona e molti accorsero a visitare il santo anacoreta. Attorno a lui, sul Monte della Vergine, si formò una comunità di cercatori di Dio, ai quali Guglielmo dette una Regola di vita ispirandosi alla ‘Regula monasteriorum’ di san Benedetto. La Congregazione dei Monaci di Montevergine si diffuse rapidamente nell’Italia meridionale. Prese quindi vita il Santuario mariano più vasto e importante del Sud-Italia dove si venera tuttora la ‘Madonna di Montevergine’ o ‘Mamma Schiavona’.
Montevergine è riportata molte volte nella ‘Legenda’; vi sono narrati anche alcuni miracoli. Seguono i titoli dei paragrafi riportati in ‘Episodi della vita di San Guglielmo’, opera di Giovanni Mongelli O.S.B.: ‘L’orso che intorbida l’acqua’, ‘Costruzione della prima chiesa’, ‘L’episodio del ligure Gualtiero’, ‘La leggenda delle colombe’, ’La guarigione di una donna muta’, e -sicuramente l’episodio più famoso-: ‘La leggenda del lupo e dell’asinello’.
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Coord. geogr. di Montevergine – Abbazia: 40°56′09.33″N 14°43′42.22″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: partenza della Tappa 1.
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02 Sant’Angelo a Scala (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il Santuario di San Silvestro Papa è un luogo di culto situato nella parte montana del Comune di Sant’Angelo a Scala (Av), in località Monte San Silvestro. Arroccato su uno sperone di roccia alto 900 metri, quest’edificio religioso è raggiungibile attraverso due sentieri: il primo, che coincide con un tratto del Cammino di Guglielmo, detto anche “Sentiero della Devozione”, è un percorso che inizia nei pressi di Summonte (Av) e termina al Santuario, transitando per un maestoso castagneto; il secondo, parte dal centro abitato, arrivando al santuario con un tempo di percorrenza che si aggira intorno alle 3 ore.
Giunti in vetta, un arco di pietra calcarea consente l’accesso al piazzale a essa antistante.
-Cosa vedere / da non perdere
L’edificio religioso si presenta con una facciata di pietra bianca, affiancata da una torre campanaria; in pietra è anche l’elegante portale, finemente scolpito. Al suo interno, vi è posta una campana di bronzo che viene suonata da tutti coloro che riescono a scalare il sentiero e a raggiungere il Santuario. Al lato della piccola chiesa, all’interno di una grotta, sgorga una fonte che rende a questo luogo la fama prodigiosa che detiene: secondo la tradizione popolare, infatti, le sue acque avrebbero proprietà terapeutiche e miracolose. Ancora oggi, sono tantissimi i fedeli che raggiungono la fonte per bagnarsi con l’acqua miracolosa, lasciando richieste di grazie e affetti personali in segno di devozione. La grotta è tappezzata di preghiere e suppliche e da secoli, inoltre, alimenta la leggenda, secondo cui le sue acque curative avrebbero guarito dalla lebbra Costantino, dietro intercessione di Papa Silvestro. Nota per essere piccolo e intimo tempio di fede, nonché luogo miracoloso, il Santuario di San Silvestro Papa ospita numerosi pellegrini, in occasione del Lunedì in Albis di ogni anno e della festa patronale del 31 dicembre. Tratto e adattato da “Sistema Irpinia”.
Coord. geogr. di Sant’Angelo a Scala – Santuario di S. Silvestro 40°57’47.574″N 14°44’24.18″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: passaggio lungo la Tappa 1.
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03 Grottolella (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di Grottolella è un piccolo borgo medievale ubicato su di un promontorio della Valle del fiume Sabato, a 565 metri di altitudine; conta circa 1700 abitanti. E’ nel Parco Regionale del Partenio.
Il Castello Macedonio, edificato su un’originaria fortezza longobarda, domina il paese dall’alto. Annessa ad una delle quattro torri, c’è la Cappella di San Giovanni Battista, opera dell’architetto e scultore napoletano Lorenzo Vaccaro (padre di Domenico Antonio Vaccaro).
-Cosa vedere / da non perdere
Il borgo si caratterizza per i suoi edifici signorili e religiosi: Palazzo Pellegrini, costruzione a corte il cui portale di arenaria reca la data del 1730, Palazzo Maglio, del 1884, e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie risalente al XVIII secolo e custode di importanti opere d’arte. All’interno della chiesa Madre sono conservate le reliquie di San Vincenzo Martire e Santa Anastasia Vergine e Martire. Merita una vista la suggestiva “chianca”, Rampa S. Antonio, anticamente unica strada di accesso al borgo antico.
Percorrendo le vie del borgo, da non perdere, è il museo a cielo aperto con belle sculture del M° Giovanni Spiniello.
Coord. geogr. di Grottolella – Castello Macedonio 40°58’23.43″N 14°47’8.264″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: passaggio lungo la Tappa 1.
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04 Tufo (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di Tufo sorge nell’area della Valle del fiume Sabato, a 250 metri di altitudine; conta circa 800 abitanti. L’etimologia del nome deriva dal primo feudatario, Raone Del Tufo. La Grotta di S. Michele Arcangelo è un antico sito di religiosità situato tra il Sannio e l’Irpinia. La Soprintendenza ne ha riconosciuto il valore storico, artistico e monumentale sottolineandone la peculiarità nell’ambito dei siti religiosi dedicati al culto micaelico. Si tratta di un antro naturale attraversato anticamente da un torrente dalle acque lattiginose, ritenute miracolose, comunque salvifiche per i trattamenti terapeutici, considerata la loro natura calcareo-solfurea. Con l’avvento del cristianesimo e la conseguente conversione dei Longobardi, fu dedicata a San Michele Arcangelo, loro protettore, utilizzandola come ritrovo di preghiera e fonte battesimale. Nel Medioevo, fino a tutto il secolo XIX, fu un eremitario luogo temporaneo di conservazione delle reliquie dei protomartiri S. Stefano e S. Mauro. Il sito venne definitivamente consacrato al culto dal Cardinale Orsini, futuro Papa Innocenzo XIII. Gli affreschi, raffiguranti un trittico dedicato a S. Francesco D’Assisi, sono di epoca medioevale. La statua del Santo, patrono di Tufo, è del secolo diciassettesimo ed ha la particolarità di essere uno dei rari esempi di scultura su pietra policroma. Interessante anche l’ambiente all’aperto -con lastroni di pietra disposti come un altare- che si presenta oltre la volta di chiusura della Grotta e che fa intravedere reperti probabilmente di epoca protocristiana. Presso la Grotta, in occasione delle festività del santo Patrono (8 maggio e 29 settembre), si svolgono le centenarie celebrazioni delle “novene”, alle quali partecipano i fedeli di Tufo.
-Cosa vedere / da non perdere
La Grotta dell’Arcangelo Michele (meta di arrivo della Tappa 1 del Cammino), le ex-Miniere di Zolfo e le Cantine storiche nell’imponente Palazzo Di Marzo; nel punto più alto del paese è il Castello Longobardo. Da visitare nella vicina Prata di Principato Ultra (Av), a 5 km. da Tufo, lungo il cammino della Tappa 2: la Basilica Paleocristiana della Ss. Annunziata.
Coord. geogr. di Tufo (Av) – Grotta dell’Arcangelo Michele: 41°0’41.508″N 14°49’13.116″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: arrivo della Tappa 1.
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05 Benevento
-Notizie geografiche e storiche
Benevento, si trova nell’entroterra appenninico della Campania, a 135 metri di altitudine, alla confluenza tra due fiumi provenienti dall’Irpinia: il Calore e il Sabato. Ha una popolazione di 55.000 abitanti. È stata un importante snodo viario nell’Italia centromeridionale antica.
In età preromana, con il nome osco di Malventum, fu forse l’insediamento più rilevante della tribù sannitica degli Irpini. I Romani, nel 275 a.C., dopo la vittoria su Pirro, la rinominarono Beneventum divenendo il primo stanziamento di coloni romani con diritto latino. Era attraversata dalla via Appia e fu scelta da Traiano, nel 114 d.C., come punto di partenza della via Traiana, alternativa al percorso dell’Appia verso gli imbarchi della Puglia.
-Cosa vedere / da non perdere
Benevento conserva tuttora importanti vestigia di epoca romana; tra questi si distinguono il monumentale Arco di Traiano (inizio della via Traiana, variante dell’Appia verso la Puglia) e il vasto Anfiteatro; nel 63 d.C., Nerone assistette qui ad uno spettacolo gladiatorio. Emblema del periodo longobardo (VIII sec. d.C.) è l’elegante chiesa di Santa Sofia -tempio nazionale della gens Langobardorum-; con l’annesso chiostro è iscritta nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco (Longobardi in Italia. I luoghi del potere).
-Relazione con il Santo Guglielmo e i suoi miracoli
A Benevento sono narrati due dei miracoli di Guglielmo: ‘Guarigione di una donna’ e ‘Guarigione di una bimba cieca’; riguardo la provenienza da Roma per poi dirigersi verso Melfi, vi è l’episodio ‘S. Guglielmo a Melfi, medita sui salmi’.
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Coord. geogr. di Benevento – Chiesa di Santa Sofia: 41°7’49.843″N 14°46’51.715″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: raggiungibile a 19 km. dall’arrivo della Tappa 1.
Benevento dista 19 km. da Tufo (Av).
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06 Prata di Principato Ultra (Av)
-Cosa vedere / da non perdere
Appena fuori del paese (m. 310, ab. 3.000 circa), allungato ai lati della strada e proteso con uno sperone in un’ansa del fiume Sabato, la basilica dell’Annunziata conserva i resti di due monumenti tra i più antichi dell’Irpinia. Si tratta dell’abside della chiesa originaria, scavata nel tufo e risalente al VI secolo (l’affresco della Madonna col Bambino è dell’XI secolo), e della catacomba cristiana situata al fondo di un cortiletto a sinistra della chiesa. Il luogo di culto ipogeo (III o IV secolo) va collegato alla penetrazione del cristianesimo nella vicina Abellinum e custodisce arcosoli, altari, sarcofagi e affreschi (di particolare interesse quello con l’arcangelo Gabriele e l’Annunziata).
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Coord. geogr. di Prata Principato Ultra (Av) – Basilica paleocristiana della Ss. Annunziata: 40°59’37.709″N 14°50’4.535″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: passaggio lungo la Tappa 2.
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07 Chiusano di San Domenico (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di Chiusano di San Domenico è situato alle pendici del Monte Tuoro, nella media Valle del fiume Calore, a 700 metri di altitudine; conta circa 2200 abitanti. L’etimologia del nome derivare dal nome latino di persona Clasius, a cui si aggiunge il suffisso -anus; l‘aggiunta “San Domenico” è successiva e si riferisce non al patrono del paese, ma al santo a cui è dedicata la chiesa sull’alto della Ripa.
La fondazione dell’Eremo di Santa Maria della Valle, detto anche di S. Guglielmo, potrebbe risalire tra il 1128, anno della partenza di Guglielmo da Montevergine e prima del 1133, anno di fondazione del Goleto. Attualmente, l’eremo è costituito da due corpi di fabbrica di epoca e stili diversi. Il più antico, è a base quadrata e sormontato da una cupola; il più recente invece è a cielo aperto ed è costituito come una navata unica di chiesa con quattro archi a tutto sesto per lato. Questa parte che risale alla fine del sec. XVI fu costruita come cimitero dei confratelli e sorelle della congrega della Buona. ll complesso fu restaurato dalla Soprintendenza di Salerno e Avellino a seguito dei danni inferti dal terremoto del 1980. Sulla parete di fondo della piccola chiesa, un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino, ascrivibile alla prima metà del Cinquecento, ricorda al passante che: “chi si rivolge a Lei con fede pura e sincera, Lei è generosa di grazie e favori”.
-Cosa vedere / da non perdere
L’Eremo di S. Guglielmo (meta di arrivo della Tappa 2 del Cammino), sopra descritto, il Palazzo De Francesco con all’interno il Museo Multimediale dedicato al “Cammino di Guglielmo”, i ruderi della Chiesa di San Domenico e del Castello e il Borgo La Ripa con una serie di belle pitture murali (alcune di grande dimensione) dedicate alla figura di Guglielmo.
-Paesaggio
Dal centro di Chiusano si gode di un’ampia vista sulla prospiciente valle del Sabato dove fa da sfondo il complesso del monte Partenio con incastonata l’abbazia di Montevergine, ben visibile a occhio nudo. Salendo in montagna, verso la località ‘La Pila’ (1.050 m. slm), area attraversata dal Cammino, si gode di ampi panorami sulla catena dei monti Picentini.
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Coord. geogr. di Chiusano di San Domenico (Av) – Eremo di S. Guglielmo: 40°55’55.841″N 14°55’11.237″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: arrivo della Tappa 2.
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08 Aeclanum
-Notizie geografiche e storiche
Fondata alla fine del III sec a.C., l’antica Aeclanum fu uno degli insediamenti romani più importanti dell’Irpinia, posto tra le valli dei fiumi Calore e Ufita, in località Passo di Mirabella, a 372 metri di altitudine. Situata su di un pianoro di forma triangolare, l’antica città era accessibile solo dalla via Appia, che attraversava l’abitato da ovest a est. Saccheggiata da Silla nell’89 a.C., divenne un municipium romano con diritto di voto. Nel 120 d.C., sotto l’imperatore Adriano, assunse lo stato di colonia: Aelia Augusta Aeclanum.
-Cosa vedere / da non perdere
Notevoli sono i resti della città romana ammirabili oggi nella vasta area archeologica: le terme pubbliche, situate su una piccola altura, la piazza del mercato coperto (macellum), alcune abitazioni e botteghe. Sono visibili anche i resti delle mura, alte circa 10 metri con almeno tre porte e torri di diversa grandezza. All’età tardo-antica risale la costruzione di una basilica paleocristiana con, al suo esterno, un fonte battesimale con pianta a croce greca e scalini per il rito ad immersione.
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Coord. geogr. di Aeclanum – Parco Archeologico: 41°3’16.15″N 5°0’43.999″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: raggiungibile a 22 km. dall’arrivo della Tappa 2.
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09 Cassano Irpino (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di Cassano Irpino (Av) è nel primo tratto del fiume Calore, nell’area del Parco dei Monti Picentini, a 510 metri di altitudine; conta circa 950 abitanti.
L’etimologia del nome proviene dal nome della Gens Cassia e dal suffisso -anus, indicante un Praedium Cassianum, ossia un latifondo o una villa rustica appartenente a quella famiglia.
-Cosa vedere / da non perdere
Da non perdere è la suggestiva cupola della ‘Sorgente Pollentina’ a protezione di un ampio lago formato da acque sorgive; qui a Cassano nascono 4 sorgenti che costituiscono il chilometro zero dell’Acquedotto Pugliese, il più esteso sistema di approvvigionamento idrico-potabile d’Europa e che alimenta quattro regioni del Sud Italia: Campania, Puglia, Basilicata e Molise. Nel centro storico, si consiglia la visita della chiesa di Santa Maria delle Grazie e della chiesa madre di S. Bartolomeo (ore 12 circa); passeggiando per i bei vicoli del centro storico si raggiunge il Castello medioevale, ex palazzo baronale della famiglia Cavaniglia, di recente restaurato.
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Coord. geogr. di Cassano Irpino – Chiesa madre di S. Bartolomeo: 40°52’16.82″N 15°1’36.487″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: passaggio (e/o sosta) lungo la Tappa 3.
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10 Montella (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di Montella (Av) è situato alle sorgenti del fiume Calore, nell’area del Parco dei Monti Picentini, a 634 metri di altitudine; conta circa 7.600 abitanti.
L’etimologia del nome proviene da Monticulus o Montillus, da cui Montilla, Motilla e infine Montella: deriva chiaramente da “monte”, nel senso di “colle fortificato”.
Circondato da castagneti, noceti e frutteti, il borgo fu in origine sannita-irpino, poi romano e longobardo. Il paese è noto per la produzione di castagne ed è base per escursioni lungo il fiume Calore e sui monti circostanti, in particolare il Monte Accelica dal caratteristico profilo a due gobbe e con pinnacolo centrale, segnale di arcaico orientamento territoriale.
-Cosa vedere / da non perdere
Il Convento di S. Francesco a Folloni (meta di arrivo della Tappa 3 del Cammino) con l’annesso Chiostro e Museo; tuttora vi è una comunità di monaci francescani. Altri importanti punti di interesse sono il Castello del Monte col vicino Complesso monastico di Santa Maria della Neve e il Santuario del Ss. Salvatore. Inoltre, l’esteso centro storico.
Nella piana, a poca distanza da Montella, il Convento di S. Francesco a Folloni si individua da lontano per il campanile. Fondato secondo la tradizione da Francesco d’Assisi nel 1222, fu ristrutturato alla metà del ‘700 secondo canoni barocchi. La chiesa, eretta nel 1743, conserva una bella navata impreziosita da stucchi, un pavimento a maiolica, altari e tele barocche; nella sagrestia spicca il rinascimentale monumento sepolcrale di Diego I Cavaniglia (m. 1481), di Jacopo della Pila, retto dalle statue della Prudenza, della Fortezza e della Giustizia e ornato da un rilievo con la Madonna col Bambino. Per un portico cinquecentesco sul fianco sinistro si entra nel primo chiostro e nel Museo di S. Francesco a Folloni, che custodisce, tra l’altro, tele e affreschi provenienti dalle chiese distrutte dal terremoto del 1980.
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Coord. geogr. di Montella (Av) – Convento di S. Francesco a Folloni: 40°50’57.131″N 15°2’52.231″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: arrivo della Tappa 3.
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11 Bagnoli Irpino (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il territorio del comune di Bagnoli Irpino (Av) è nell’area del Parco dei Monti Picentini, a 654 metri di altitudine; conta circa 3.100 abitanti. L’etimologia del nome proviene da ‘baniolum’, termine latino che sta a indicare l’abbondanza di acque nel suo territorio. Nel ‘400 un umanista ospite dei conti Cavaniglia la definì ‘domus deorum’, e ancora oggi il borgo è particolarmente piacevole per il verde dei boschi di noci, castagni e faggi che lo circondano, alla testata della valle del Calore, e la possibilità di escursioni sulle pendici settentrionali dei monti Picentini.
-Cosa vedere / da non perdere
Si entra nella parte più antica del borgo lasciando sulla destra il restaurato castello dei Cavaniglia (XV secolo), e dalla centrale piazza Leonardo di Capua si seguono via Garibaldi e a destra via Marconi alla volta della seicentesca Collegiata di Santa Maria Assunta, introdotta da una scalea a tenaglia; all’interno, il coro a 19 stalli fu intagliato nel ‘600 dagli ebanisti locali Scipione Infante e Jacopo Bonavita con statuette e bassorilievi raffiguranti storie del Vecchio e del Nuovo Testamento; coevo è l’organo intagliato e dorato. (da Guida Verde ‘Campania’ / Touring Club Italiano). Oltre il Castello e la Collegiata, è da vedere il bel centro storico con il quartiere della Giudecca e la caratteristica Torre civica dove -tra le pietre della facciata sud- è cresciuto un meraviglioso albero che dà ombra alla sottostante Fontana del Gavitone.
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Coord. geogr. di Bagnoli Irpino (Av) – Torre civica 40°49’49.717″N 15°4’12.432″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: passaggio lungo la Tappa 4.
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12 Lago Laceno
-Notizie geografiche e storiche
L’Altopiano del Lago Laceno, a circa 1.000 metri di altitudine, è una straordinaria area naturalistica caratterizzata da un lago di origine carsica, un comprensorio sciistico e da un’estesa e curata rete sentieristica; vi si trovano numerosi alberghi e punti di ristoro.
-Cosa vedere / da non perdere
La Grotta di S. Guglielmo (meta di arrivo della Tappa 4 del Cammino), il lago carsico, le grotte del Caliendo (necessita attrezzatura speleologica); si segnalano come attrezzature di interesse turistico: la sentieristica montana, il maneggio e la seggiovia che porta sul monte Rajamagra.
-Paesaggio
Il Laceno merita un soggiorno prolungato per godere, attraverso escursioni guidate, delle numerose e ampie viste sui monti che circondano il lago carsico. Si segnala, in particolare, il monte Cervialto (1.809 m.s.l.m.) che è la vetta maggiore dei Monti Picentini e la quarta cima della Regione Campania. Dalla sommità si vedono sia il mare Adriatico (Barletta e il Gargano) che il Tirreno (da Paestum al golfo di Napoli).
-Relazione con il Santo Guglielmo e i suoi miracoli.
In prossimità dell’antico casone sul lago Laceno, scendendo un breve pendio, si accede alla Grotta di S. Guglielmo che la tradizione vuole abitata da S. Guglielmo. Qui, a Guglielmo e a Giovanni da Matera, apparve il Signore: “Ne stes in loco isto, Johannes in orientem et Guillelmus in occidentem”; i due eremiti dovevano separarsi: Giovanni doveva andare ad oriente e Guglielmo ad occidente. La tradizione popolare l’ha chiamata la grotta di Santa Nesta, per le parole pronunciate dal Cristo “ne stes”. Guglielmo scese nella valle dell’ Ofanto dove fondò il monastero del Goleto mentre Giovanni andò sul Gargano (a est) dove ancora oggi è l’abbazia di Santa Maria di Pulsano.
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Coord. geogr. del Lago Laceno – Grotta di S. Guglielmo: 40°48’26.662″N 15°5’44.686″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: arrivo della Tappa 4.
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13 Nusco (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Adagiato su uno stretto crinale che fa da spartiacque tra le valli dell’Ofanto e del Calore, il borgo (m. 914, ab. 4.000 circa), tra i più alti della provincia, è detto per l’estensione dei suoi panorami ‘balcone d’Irpinia’; nel nucleo storico conserva in buona parte l’aspetto medievale, con strade lastricate in pietra calcarea. L’abitato si sviluppò probabilmente intorno a una rocca di cui restano pochi ruderi, sul punto più elevato del colle (bel panorama) per volere di Sant’Amato, vescovo nell’XI secolo e attuale patrono, che vi raggruppò gli abitanti del circondario.
-Cosa vedere / da non perdere
La chiesa di S. Antonio, all’ingresso settentrionale del paese, ha un portale cinquecentesco proveniente dalla Cattedrale. Del ‘500 è il campanile della Cattedrale stessa, intitolata a Sant’Amato, nella piazza centrale. All’interno sono notevoli il pulpito ligneo del ‘600, opera di maestranze locali; un seggio vescovile in legno dorato (VIII secolo), vari dipinti dell’Ottocento e il soffitto affrescato con scene bibliche; la cripta è di origini romaniche (XII secolo), con robuste colonne che sorreggono volte a crociera. (da Guida Verde ‘Campania’ / Touring Club Italiano). Da non perdere è il vasto e interessante ‘Museo e Archivio Storico Diocesano’ (progetto di Verderosa studio e altri); ambientato nell’ex- Palazzo Vescovile e nell’annesso ex-Seminario, vi sono raccolti numerose opere d’arte e reperti di interesse storico e artistico, recuperati in gran parte -grazie alla meritoria opera di Mons. Tarcisio Luigi Gambalonga- dalle chiese crollate col terremoto del 1980.
-Paesaggio
Dal ‘balcone d’Irpinia’ ampie sono le vedute sulla valle dell’Ofanto e su quella del Calore, circondate dal profilo dei monti Picentini; da ammirare il monte Accellica -col caratteristico ‘pinnacolo’ centrale e, in lontananza, verso est, il monte Vulture.
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Coord. geogr. Di Nusco – Cattedrale di Sant’Amato 40°53’16.217″N 15°5’5.114″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: passaggio (a valle) lungo la Tappa 5.
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14 Goleto.
-Notizie geografiche e storiche
Il Goleto è un’area rurale a circa 600 metri di altitudine, in prossimità delle sorgenti del fiume Ofanto, al confine tra i comuni di Sant’Angelo dei Lombardi, Nusco e Lioni.
Agli inizi del XII secolo, il giovane eremita Guglielmo, diretto in Terra Santa, dopo i pellegrinaggi a Santiago di Compostela e a Roma, seguendo la via Appia si fermò in Irpinia, fondando prima l’abbazia di Montevergine e poi la cittadella monastica del Santissimo Salvatore, qui al Goleto, a partire dal 1133. Guglielmo, per edificare quest’ultima, aveva ricevuto in dono un vasto terreno da Ruggero, signore normanno della vicina Monticchio. Il complesso fu realizzato in buona parte col riutilizzo del materiale di spoglio del preesistente insediamento di epoca romana appartenuto a Marcus Paccius Marcellus. Ai lati della chiesa primigenia, sorse un innovativo ‘doppio monastero’, con due ali e due chiostri, di cui il più grande destinato alle monache. Nella costituita comunità religiosa, l’autorità suprema era rappresentata dalla ‘badessa’, mentre ai monaci erano affidati il servizio liturgico e i lavori manuali. Guglielmo non raggiunse la Terra Santa ! Morì in Irpinia, qui al Goleto, il 24 giugno 1142. A 800 anni dalla sua morte, nel 1942, Pio XII lo proclamò Patrono Primario dell’Irpinia. (A.V.)
-Cosa vedere / da non perdere
Da visitare nell’Abbazia del Goleto (meta di arrivo della Tappa 5 del Cammino): il Museo Multimediale dedicato alla vita di Guglielmo e al Cammino, dove si può avere un inquadramento storico, cronologico e geografico sull’abbazia e sui dintorni; tra le poche opere d’arte superstiti è il ricomposto Ciborio di S. Guglielmo; da non perdere la Chiesa di S. Luca, la grande chiesa a cielo aperto detta del ‘Vaccaro, la Torre Febronia e l’impianto generale con due chiostri e due monasteri.
Per conoscere meglio l’Abbazia del Goleto: www.goletomuseo.it
-Relazione con il Santo Guglielmo e i suoi miracoli
Il Goleto è il luogo centrale della vita del Santo, qui diede vita al ‘disegno’ del doppio monastero con a capo una badessa e qui decise di morire e di essere sepolto; è un luogo quindi riportato molte volte nella ‘Legenda’; vi sono narrati anche alcuni miracoli. Seguono i titoli dei paragrafi riportati in ‘Episodi della vita di San Guglielmo’, opera di Giovanni Mongelli O.S.B.: ‘La visione degli angeli al Goleto’, ‘Le biade scampate al fuoco’, ‘L’ultimo incontro col Re Ruggero II’, ‘La morte di Guglielmo’.
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Coord. geogr. di Sant’Angelo dei Lombardi (Av) – Abbazia del Goleto: 40°54’21.352″N 15°8′ 36.596″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: Arrivo della Tappa 5.
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15 Sant’Angelo dei Lombardi (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di Sant’Angelo dei Lombardi (Av) si trova in Alta Irpinia, sullo spartiacque tra il fiume Ofanto e il fiume Fredane (affluente del Calore), a 870 metri di altitudine; conta circa 4.100 abitanti. Col terremoto del 23 novembre 1980 perirono 432 abitanti. È importante sede diocesana e sede di polo ospedaliero e di riabilitazione mentre il Tribunale è stato soppresso nel 2012. L’etimologia del nome proviene dalla devozione all’Arcangelo Michele mentre il termine “Lombardi” è dovuto ai Longobardi che lo elessero a importante presidio amministrativo e militare.
La fotografia col portale rinascimentale della Cattedrale che incornicia le macerie, all’indomani del terremoto del 23 novembre 1980, fece il giro del mondo: qui il sisma toccò il nono grado della scala Mercalli e l’antico centro (m. 870, ab. 4.100 circa) alla testata della valle dell’Ofanto, dal ricco tessuto storico, andò pressoché distrutto. La Cattedrale, fondata nell’XI secolo e ricostruita nel XVI, oggi restituita alla sua bellezza, conserva un portale rinascimentale e all’interno un sepolcro seicentesco e statue e dipinti del secolo successivo. Il castello eretto dai longobardi (i Lombardi del toponimo del paese), e più volte modificato nei secoli, presentava nel 1980 le forme dategli nel 1758; i restauri e le indagini successive hanno riportato alla luce elementi che documentano la millenaria storia della struttura e dell’area, custoditi oggi in un museo allestito al piano terraneo. (da Guida Verde ‘Campania’ / Touring Club Italiano)
-Cosa vedere / da non perdere
La Cattedrale di Sant’Antonino Martire, devastata dal terremoto del 1980 e ricostruita su progetto del prof. Antonino Giuffrè, il Castello degli Imperiale con l’antistante piazzale panoramico, l’elegante e nobiliare Casa Loreto col bel giardino pensile, il Parco della Memoria (progetto di Verderosa studio) con i ruderi dell’ex-Convento di Santa Maria delle Grazie e la nuova panoramica ‘Big bench’; inoltre, l’ampio centro storico con la bella Piazza alberata dedicata a Francesco De Sanctis.
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Coord. geogr. di Sant’Angelo dei Lombardi (Av) – Parco della Memoria 40°55’40.184″N 15°10’28.301″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: raggiungibile a 6 km. dall’arrivo della Tappa 5.
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16 Rocca San Felice (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di Rocca San Felice è nella valle d’Ansanto, alle sorgenti del piccolo fiume Fredane, affluente del Calore; ha un’altitudine di 750 m. e conta 850 abitanti. Da lontano se ne vede il castello, sorto nel XII secolo incorporando precedenti strutture difensive. Nel borgo, il piccolo Museo civico ‘Don Nicola Gambino’ espone reperti dalla preistoria al medioevo.
-Cosa vedere / da non perdere
Merita senz’altro una visita il borgo storico, ben restaurato dopo il terremoto del 1980; nella piazzetta d’ingresso è il vetusto ‘albero della libertà’, piantato dai napoleonici agli inizi dell’800 in seguito alla Rivoluzione francese; alla base è un bel sedile ottagonale in pietra locale. Si prosegue con una passeggiata fino al Castello, in alto della rocca da cui è una bella vista di paesaggio sulla Valle del Fredane. Da non perdere il piccolo ma interessante Museo civico dove si può conoscere lo ‘Xoanon’, un’arcaica scultura cultuale in legno, rinvenuta nel sito della Dea Mefite, a poca distanza dal borgo.
-Relazione con il Santo Guglielmo e i suoi miracoli
Rocca è uno dei luoghi vicini al Goleto riportato nella ‘Legenda’; vi è narrato l’episodio miracoloso ‘La rimozione di un sarcofago a S. Cesareo di Rocca S. Felice’.
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Coord. geogr. Di Rocca San Felice (Av): 40°56’58.42″N 15°9’55.573″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: raggiungibile a 7 km. dall’arrivo della Tappa 5.
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17 Mefite
-Notizie geografiche e storiche
E’ de l’Italia in mezzo e de’ suoi monti una famosa valle, che d’Amsanto si dice. Ha quinci e quindi oscure selve, e tra le selve un fiume che per gran sassi rumoreggia e cade, e sì rode le ripe e le scoscende, che fa spelonca orribile e vorago, onde spira Acheronte, e Dite esala. In questa buca l’odïoso nume de la crudele e spaventosa Erinne gittossi, e dismorbò l’aura di sopra.
Nella Valle d’Ansanto, cuore dell’antica Irpinia, e ombelico dell’Italia hunc locum umbilicum Italiae chorographi dicunt, come affermava Virgilio nel libro VII dell’Eneide, tra la Campania e la Puglia, sorge un piccolo lago che ribolle di vapori sulfurei che rendono l’aria irrespirabile et habet aquas sulphureas, ideo graviores, quia ambitur silvis.
Questo luogo, già sacro per i popoli Osci e Sanniti, era dedicato alla dea Mefite, divinità italica legata al culto delle acque e alla fecondità della terra e degli esseri umani. Per la dea madre Mefite, assimilabile a Cibele venerata sul monte Partenio, venne costruito un santuario sulle ripe soprastanti l’area sulfurea della Valle d’Ansanto, come testimoniano alcuni resti di strutture murarie, ancora parzialmente affioranti in superficie e gli schizzi e gli appunti di scavo raccolti alla fine degli anni ’50 da mons. Nicola Gambino. In età romana Mefite perse il suo ruolo di dea madre e venne considerata una dea malefica, legata al mondo dei morti, del sotterraneo e degli inferi. Il laghetto sulfureo venne identificato come il luogo di passaggio dalla terra agli inferi: Ideo autem ibi aditus esse dicitur inferorum… L’ingresso di quell’inferno che Dante percorrerà in compagnia di Virgilio e descriverà in tutti i suoi gironi. (MIC) Approfondimenti
-Cosa vedere / da non perdere
L’intero sito è di interesse naturalistico e geologico oltre che storico e paesaggistico.
-Paesaggio
Da Rocca San Felice, per stradine secondarie, in circa 4 chilometri si arriva in aperta campagna alle sorgenti sulfuree cosiddette della Mefite, ricche di esalazioni che nei millenni hanno alimentato miti e leggende. Nei pressi sorgeva un tempio dedicato alla dea omonima, legata all’acqua, al cambiamento e alla fertilità; i relativi reperti sono custoditi al Museo Irpino di Avellino. (da Guida Verde ‘Campania’ / Touring Club Italiano)
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Coord. geogr. del Santuario della Dea Mefite – Rocca S. Felice (Av): 40°58’29.554″N 15°8’47.184″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: raggiungibile a 11 km. dall’arrivo della Tappa 5.
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18 Materdomini
-Notizie geografiche e storiche
Materdomini è frazione del comune di Caposele (Av) dal quale dista 2,5 km. Qui è l’imponente vela del Santuario di S. Gerardo Maiella, di origine medioevale ma con innesti moderni (anni ’70) e ristrutturato dopo il terremoto del 1980. Il corpo originario del santuario è situato nel luogo dove vi fu l’apparizione della Madonna (Madre del Signore da cui ‘Materdomini’). Il vasto complesso religioso è meta di pellegrinaggi religiosi da tutto il Sud Italia che portano ogni anno, specialmente nei mesi di settembre e ottobre, centinaia di migliaia di fedeli sulla tomba di S. Gerardo, sacerdote redentorista e santo dei piccoli paesi, nato a Muro Lucano (Pz) nel 1726 e morto qui nel 1755, a 29 anni.
-Cosa vedere / da non perdere
Il vasto complesso del Santuario (meta di arrivo della Tappa 6 del Cammino) con l’annesso Museo, l’antica Basilica e, in particolare, la Sala dei fiocchi le cui pareti e soffitto sono ricoperti da migliaia di fiocchi rosa e celeste che le mamme hanno lasciato e lasciano tuttora in segno di ringraziamento al Santo. Nel Museo, inoltre, vi sono una serie di bei dipinti dedicati ai miracoli compiuti dal Santo e la cella in cui visse. Numerosi sono i ristoranti, gli alberghi e i negozi di prodotti tipici.
-Paesaggio
Dal piazzale dell’antico santuario si gode di un’ampia vista sull’alta valle del Sele racchiusa tra i monti del Parco dei Picentini (destra Sele) e del complesso dei monti Eremita e Marzano (sinistra Sele).
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Coord. geogr. di Materdomini – Santuario di S. Gerardo: 40°49’1.474″N 15°13’18.224″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: arrivo della Tappa 6.
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19 Caposele (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di Caposele (Av), a valle di Materdomini, è alle sorgenti del fiume Sele, alle pendici del Monte Paflagone e nell’area del Parco dei Monti Picentini, a 405 metri di altitudine; conta circa 3.400 abitanti. L’etimologia del nome proviene dalla principale caratteristica naturalistica del luogo, legata da tempo immemore alle acque: ‘Caput Sylaris’, ovvero ‘capo’ o ‘inizio’ del fiume Sele; dalle sorgenti di Piazza Sanità ha infatti origine il fiume che sfocia nel Tirreno, in prossimità di Paestum.
-Cosa vedere / da non perdere
Da non perdere le straordinarie ‘Sorgenti del Sele’, un vero e proprio fiume sotterraneo che viene convogliato in una galleria che venne costruita a mano, con pietre e mattoni, agli inizi del ‘900; queste sorgenti, unitamente a quelle di Cassano Irpino, forniscono l’approvvigionamento idrico a buona parte del Sud Italia: quasi 10 milioni di persone fra Campania, Basilicata e Puglia; l’acquedotto è un’imponente opera di ingegneria idraulica che porta l’acqua sorgiva, per caduta naturale, fino all’estremo sud-est d’Italia, a Santa Maria di Leuca (Le), nel Salento. Inoltre, si segnalano nel centro storico: la Chiesa di S. Lorenzo Martire (progetto di Gigliotti e Portoghesi), la chiesa di S. Maria della Sanità col distante e separato Campanile e il Museo dele Macchine di Leonardo. Tra le possibili attività outdoor: il ‘Sentiero delle 7 Fontane’, la Ciclovia dell’Acqua che segue le tracce dell’Acquedotto Pugliese e il Parco Fluviale sul Sele. In adiacenza della chiesa rupestre di S. Vito ( a 4 km. da Caposele) è un’interessante parete rocciosa dove si pratica il free climbing. Interessante, infine, è il percorso ‘Le pietre della memoria’, 15 pietre in luoghi simbolo con QR code che permettono di vedere e ascoltare video testimonianze che raccontano cosa accadde a persone e luoghi il 23 novembre 1980, data del terribile sisma che colpì la zona.
Caposele è comune ‘Bandiera arancione’, certificata dal Touring Club Italiano, dal 2024.
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Coord. geogr. di Caposele (Av) – Sorgenti del Sele: 40°48’59.188″N 15°13’17.126″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: raggiungibile dall’arrivo della Tappa 6.
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20 Sant’Andrea di Conza (Av)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di Sant’Andrea di Conza è in Alta Irpinia, al confine con la Basilicata, a 660 metri di altitudine; conta circa 1.400 abitanti. L’etimologia del nome potrebbe provenire dalla devozione all’apostolo Andrea da parte delle comunità di bulgari che connotavano i loro insediamenti col nome ‘Casale S. Andrea’, toponomastica qui conservata in adiacenza all’antica Compsa. Sant’Andrea di Conza venne citata, per la prima volta, in un atto di donazione del 1161, quando Gionata di Balvano, conte normanno della contea di Conza, donò alla chiesa di Santa Maria dell’Episcopato, della suddetta contea, la chiesa di S. Andrea con l’annesso casale e territorio. Da quel momento in poi, fino all’abolizione della feudalità avvenuta nel 1806, il borgo appartenne alla ‘Mensa Arcivescovile’. Durante questo lungo periodo, fu amministrato da numerose famiglie: Poncelly, Del Balzo, Gesualdo, Ludovisi e Mirelli. L’ultimo sabato di maggio è dedicato ancora oggi al “Rito delle Maggiaiole“: le ragazze del posto si recano alla Concattedrale di Santa Maria Assunta di Conza della Campania per chiedere alla Vergine Maria di trovare un buon fidanzato.
-Cosa vedere / da non perdere
Il Palazzo dell’Episcopio (meta di arrivo della Tappa 7 del Cammino), risalente al XIII secolo come castello, è divenuto poi un importante edificio vescovile; danneggiato dal terremoto del 1980, fu ristrutturato -con gli adiacenti giardini e l’ampio teatro all’aperto- negli anni ’90 come sede municipale. Inoltre, è da visitare la ex-Fornace di laterizi, la prima testimonianza del lavoro industriale in Alta Irpinia, risalente agli inizi del ‘900; fu recuperata negli anni ’90 come centro polifunzionale (progetto di Verderosa studio e altri); interessante la conservazione del forno interrato, tipo ‘Hofmann’, dove si cuocevano i mattoni con fuoco rotante e l’alta ciminiera centrale; vi si svolgono convegni, feste, concerti; è tuttora un luogo di aggregazione sociale a servizio della comunità. Nella parte alta del centro storico è l’imponente edificio dell’ex-Seminario vescovile; qui numerosi giovani venivano a studiare o a formarsi come sacerdoti. Altro sito interessante sono i ruderi dell’ex- Convento francescano con l’annessa chiesa di Santa Maria della Consolazione, rovinata con il terremoto del 1930. Sant’Andrea è un paese ricco di acque sorgive che hanno dato vita nei secoli passati a ben 6 ‘mulini ad acqua’ (da non perdere il bel mulino de ‘La Fonte’, a monte del centro abitato), a fontane in pietra scalpellata e a un lavatoio coperto, ancora oggi funzionante. E’ possibile acquistare sul posto oggetti in pietra locale (detta ‘favaccio’) e in ferro battuto.
Il paese è tuttora famoso per la produzione di pane, pizze e biscotti; in passato vi erano ben sette forni; ne sopravvivono due, ubicati lungo il corso principale del paese.
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Coord. geogr. di S. Andrea di Conza (Av) – Palazzo dell’Episcopio: 40°50’35.099″N 15°22’14.477″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: arrivo della Tappa 7.
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21 Compsa
-Notizie geografiche e storiche
L’antico paese (m. 594, ab.1.300 circa) sorge sul sito dell’antica Compsa, considerata greca da alcuni studiosi, osca da altri. Nel III secolo a.C., Compsa fu una città degli Irpini, una delle quattro tribù dei Sanniti, sconfitti dai Romani nella battaglia di Benevento del 275 a.C. Durante la seconda guerra punica fu consegnata ad Annibale da Stazio Trebio e fu ripresa da Quinto Fabio Massimo nel 214 a.C.; in seguito divenne municipium. È nota perché citata da Giulio Cesare nel ‘De bello civili’, libro terzo, capitolo 22; infatti a “Compsam in agro Hirpino”, l’avversario di Cesare, Milone morì colpito da una pietra scagliata dalle mura. Dal VI secolo era già sede vescovile. Fu saccheggiata dai Longobardi nel 570 e successivamente annessa al principato di Salerno. Subì un terremoto il 25 ottobre del 990 e l’abitato si spostò sopra il colle, presso il castello, a 594 metri di altitudine. Successivamente, Conza subì altri gravi terremoti: nel 1930, nel 1962 e infine il catastrofico terremoto dell’Irpinia del 1980, che rase al suolo l’intero paese. Il nuovo paese è stato ricostruito in pianura, a valle, a 2 km.
-Cosa vedere / da non perdere
Nel centro del vecchio nucleo urbano, abbandonato dopo il terremoto del 1980, gli scavi hanno portato alla luce reperti e strutture significative, tra cui una parte del foro romano, un edificio (forse un tempio o altro complesso pubblico), una stele funeraria dei primi anni del cristianesimo e altri ruderi che oggi costituiscono un parco archeologico. E’ inoltre da visitare l’antica Cattedrale, oggi conservata allo stato di rudere (progetto di Dalisi e Verderosa).
-Paesaggio
Dall’alto c’è una bella vista sul lago di Conza, bacino artificiale esteso su circa 800 ettari, formatosi a seguito della costruzione di una diga sul fiume Ofanto. In località Contrada Pescara, con accesso dalla S.S. Ofantina, si può inoltre visitare l’interessante Oasi WWF ambientata sulla sponda destra del lago; vi stazionano una miriade di uccelli migratori. (in parte, da Guida Verde ‘Campania’ / Touring Club Italiano / AV)
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Coord. geogr. di Compsa – Conza della Campania (Av) – Parco Storico e Archeologico: 40°52’9.487″N 15°19’50.606″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: a 6 km. dall’arrivo della Tappa 7.
Compsa dista 6 km. da Sant’Andrea di Conza (Av); il nuovo paese è a 4 km.
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22 Rapone (Pz)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di Rapone è in Basilicata, al confine con l’Alta Irpinia, a 838 metri di altitudine; conta circa 840 abitanti. Il centro storico conserva un aspetto medievale; è punteggiato da palazzi gentilizi e da portali con mascheroni in pietra; da circa 14 anni è stato arricchito da diversi percorsi tematici con il progetto “Rapone Paese delle Fiabe“, progetto demo-etno-antropologico che ha rispolverato le antiche fiabe popolari del luogo tipiche dell’area meridionale d’Italia. Simbolo della piazza centrale, su cui prospetta anche il Municipio, è l’obelisco issato nel 1690 e sormontato da una doppia immagine, da un lato un crocifisso e dall’altro una Madonna.
-Cosa vedere / da non perdere
La chiesa madre di S. Nicola Vescovo (meta di arrivo della Tappa 8 del Cammino), ampia e luminosa; inoltre: la chiesa di Santa Maria dei Santi, costruita nel 1131 è la più antica del paese e custodisce una statua della Madonna che viene portata in processione la prima domenica di maggio. Su prenotazione, a 5 km. dal centro storico, è possibile visitare il museo multimediale “C.E.R.A. una volta…” (Centro di Educazione Rurale e Ambientale). Sul tracciato che porta lungo la successiva Tappa del Cammino, a pochi km. da Rapone, da non perdere è il ‘Giardino delle sculture rupestri’, così denominato nel 2024 dall’associazione Irpinia 7x; è opera di un artigiano locale nel fondo di proprietà familiare; chiedere di Angelo Repole.
-Paesaggio
Per godere di una delle più belle viste panoramiche del circondario bisogna recarsi al Belvedere di ‘Miezz Col’.
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Coord. geogr. di Rapone (Pz) – Chiesa di S. Nicola: 40°50’51.198″N 15°30’6.887″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: arrivo della Tappa 8.
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23 San Fele (Pz)
-Notizie geografiche e storiche
Il comune di San Fele è in Basilicata, a 864 metri di altitudine; conta circa 2.600 abitanti. Il centro storico, visto dall’alto, insinuandosi tra gli spuntoni di roccia, assume la forma di una ‘X’ punteggiata da coppi laterizi. San Fele è legata a San Giustino de Jacobis, nato qui nel 1800 e poi missionario in Africa; si può visitare la Casa di San Giustino, luogo di nascita del santo e partecipare ai festeggiamenti che si tengono ogni anno il 30 luglio.
-Cosa vedere / da non perdere
Passeggiando tra i vicoli si incontrano il Castello fortezza (X secolo), una varietà di piccoli slarghi e fontane, chiese e palazzi gentilizi. Di particolare interesse è il Palazzo Frascella, costruito con materiali recuperati dai crolli causati da vari terremoti e particolare per la facciata, che riproduce l’aspetto di una antica chiesa romanica. Monumento baricentrico, in posizione sopraelevata e raggiungibile con una ripida scalinata, è la chiesa madre di Santa Maria della Quercia, costruita nel 1514 con materiale residuo di crolli del castello e delle mura; la Cupola venne ultimata nel 1757.
-Paesaggio
L’attrazione naturalistica più importante sono le Cascate di San Fele, che si snodano in un suggestivo percorso alberato per quasi 8 km. lungo il corso del torrente che porta alla fiumara di Atella per poi immettersi nell’Ofanto. Il sito -dove è possibile fare il bagno nel torrente- è custodito e promosso dall’associazione ‘U Uattënniérë’; in pochi anni è divenuto uno dei luoghi naturalistici più visitati della Basilicata.
Da non perdere, nella frazione ‘Pierno’, la Badia di Santa Maria di Pierno (meta di arrivo della Tappa 9 del Cammino).
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Coord. geogr. di San Fele (Pz): 40°49’13.436″N 15°32’24.839″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: passaggio lungo la Tappa 9.
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24 Pierno
-Notizie geografiche e storiche
Pierno è una frazione abitata del Comune di S. Fele (Pz), in Basilicata, su un piccolo pianoro a 960 metri di altitudine; è un luogo montano, roccioso, ricco di sorgenti e di boschi di castagno. Qui è la bella Badia di Santa Maria di Pierno che la tradizione vuole fondata da San Guglielmo da Vercelli intorno al 1139 a seguito del ritrovamento, in un anfratto del monte Pierno, di una statua della Madonna nascosta precedentemente da eremiti basiliani del vicino monte Santa Croce. Il santuario venne consacrato nel 1221; successivamente, nel 1456, a seguito di un terremoto, la statua della Madonna fu trasferita in altro luogo ma da lì scomparve per riapparire di nuovo a Pierno. In seguito a questo evento miracoloso fu ricostruita la chiesa col convento. L’interno, di stile romanico, è a tre navate; il complesso è stato restaurato a seguito dei danni inferti dal terremoto del 1980.
-Cosa vedere / da non perdere
Da non perdere è la visita guidata dell’intero complesso, costituito dalla chiesa e dall’annesso convento; sul lato nord sono in corso scavi di approfondimento archeologico.
Il culto della Madonna di Pierno è tuttora molto sentito; in passato i devoti, soprattutto gruppi di contadini, si recavano al santuario a piedi. Nel corso del pellegrinaggio, che si tiene tuttora ogni anno il 14 e 15 agosto, i fedeli esprimono la loro devozione per la Madonna trascorrendo la notte sul luogo del santuario e accampandosi nell’area circostante. Durante la festa si rinnova il rito purificatorio di prelevare e deporre pietre intorno a piccole croci di legno; prima di entrare nel santuario si compiono tre giri intorno alla chiesa.
-Relazione con il Santo Guglielmo e i suoi miracoli.
La tradizione riporta che la Badia di Santa Maria di Pierno fu fondata da San Guglielmo da Vercelli intorno al 1139. Ritroviamo, inoltre, notizie della Badia in quanto dipendenza dell’Abbazia del Goleto.
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Coord. geogr. di San Fele (Pz) – Badia di Santa Maria di Pierno: 40°47’33.23″N
15°36’16.747″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: arrivo della Tappa 9.
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25 Laghi di Monticchio
-Notizie geografiche e storiche
Immersi nel verde dell’area naturale protetta sono i Laghi di Monticchio, a 658 metri di altitudine, in una frazione del comune di Atella (Pz), ai piedi del Monte Vulture, in Basilicata. Occupano le bocche crateriche dell’antico vulcano del Vultire. Il Lago Piccolo è un lago “meromittico”: l’immissione in profondità di acque sorgive, calde e ricche di sali minerali, fa sì che, a causa dell’elevata densità, le acque di fondo, malgrado la loro temperatura elevata, non si mescolino con quelle superficiali. Il Lago Grande presenta un emissario che confluisce nel fiume Ofanto; è caratterizzato da una depressione a forma di imbuto a pareti molto ripide, che si apre nella metà settentrionale, mentre in quella meridionale presenta un basso fondale che degrada dolcemente verso la depressione. Oltre i 10 metri di profondità la sua temperatura rimane pressoché costante sotto gli 8°C.
-Cosa vedere / da non perdere
Lungo le sponde del lago piccolo sorge la splendida Abbazia benedettina di San Michele. Costruita sui fianchi dell’antico cratere, l’abbazia, insieme ai resti del complesso di Sant’Ippolito, è la testimonianza tangibile della presenza di ordini monastici nel territorio del Vulture, né sfuggono agli occhi più attenti gli affreschi risalenti alla metà dell’XI secolo.
Da non perdere è la bella ampia Grotta di San Michele: era il luogo dove si riunivano in preghiera i monaci basiliani che anticamente abitavano la zona. Intorno alla grotta nell’VIII secolo venne edificata l’Abbazia di San Michele Arcangelo che passò ai frati benedettini (vi rimasero fino al 1456), ai cappuccini (che fondarono una biblioteca e un lanificio) e, nel 1782 all’ordine militare costantiniano, rimasto proprietario fino al 1866. L’intero complesso è costituito da un imponente convento a più piani, una chiesa settecentesca e la cappella di San Michele Arcangelo. La stessa struttura dell’edificio di culto ha subito nel tempo varie modifiche. I recenti restauri del complesso hanno ulteriormente modificato il santuario e l’area adiacente. Nella chiesa sono state rimosse tutte le decorazioni barocche; è stata riportata alla luce la gradinata di collegamento tra la chiesa e l’edicola dell’Arcangelo mentre, dopo la demolizione della volta è stata costruita una copertura a capriate in cemento armato.
-Paesaggio
L’Abbazia di San Michele è anche sede del Museo di storia naturale del Vulture; qui, dall’alto potremo ammirare il bel paesaggio costituito dai due laghi di origine vulcanica racchiusi nella conca; da non perdere, proprio in relazione al paesaggio, è la sala di entomologia dedicata alla famosa e rara farfalla ‘Bramea di Hartig’, un raro esempio di fossile che tuttora sopravvive solo in questo remoto habitat.
-Relazione con il Santo Guglielmo e i suoi miracoli
Nei pressi di Monticchio, sul Monte Serico, nel comune di Atella (luogo di passaggio del Cammino), come riportato nella ‘Legenda’, vi è narrato l’episodio miracoloso ‘Al monte Serico Guglielmo guarisce un vecchio cieco’.
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Coord. geogr. dei Laghi di Monticchio – Abbazia di S. Michele Arcangelo: 40°56’10.388″N 15°36’56.743″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: arrivo della Tappa 10.
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26 Melfi (Pz)
-Notizie geografiche e storiche
Sulle propaggini settentrionali del massiccio vulcanico del Vulture, in Basilicata, a 530 metri di altitudine con 17.000 abitanti, lungo l’Appia, Melfi domina la Capitanata meridionale e la Terra di Bari. Fondata all’inizio dell’XI sec. dai bizantini, dopo l’insediamento dei normanni, fu considerata la “capitale morale della conquista della Puglia”, dove si svolsero le assemblee e i sinodi più importanti. Fu, accanto a Venosa, Troia e Salerno, una delle quattro “ducales urbes” del ducato di Puglia. In epoca normanno-sveva Melfi era la città più grande della Basilicata e ospitava comunità di mercanti amalfitani e di ebrei. Nel 1153 il Re Ruggiero II fece costruire a Melfi il campanile della cattedrale che, con i suoi leoni, simboli del potere regio, doveva esortare la popolazione all’ubbidienza. Federico II risiedette a Melfi a più riprese, dal 1230 fino al 1247; nel periodo estivo, quando il caldo nel Tavoliere diventava insopportabile, l’imperatore Federico II vi si ritirava spesso, trovano frescura e un ambiente ideale per la caccia. Durante il soggiorno più lungo di Federico II a Melfi, dal 26 maggio al 10 settembre 1231, furono redatte e promulgate le celebri ‘Constitutiones’, dette comunemente Costituzioni di Melfi, la sintesi delle culture giuridiche dell’epoca normanno-sveva e codice legislativo del Regno di Sicilia. Riguardo al Castello, Federico II consolidò il preesistente nucleo normanno (corrispondente all’attuale Museo archeologico nazionale) e fece innalzare tre nuove torri (la Torre del Marcangione, la Torre dei Quattro Venti e la Torretta ‘parvula’.
-Cosa vedere / da non perdere
Oltre al vasto e possente Castello (all’interno è custodito il prezioso sarcofago di Rapolla, da non perdere), la città vanta notevoli architetture di interesse storico e architettonico; tra le più importanti: la Cattedrale di Santa Maria Assunta (meta di arrivo della Tappa 11 del Cammino) con l’imponente campanile, il Palazzo del Vescovado con all’interno il museo diocesano (nell’adiacente giardino è la bella statua bronzea del santo Guglielmo col lupo, da non perdere), la cinta muraria con la notevole Porta Venosina, l’ex-Convento di San Bartolomeo (tra le fondazioni guglielmine), numerosi palazzi, fontane e piazze e, non ultima, la Chiesa rupestre di Santa Margherita (da non perdere) dove sono affreschi del XIII sec.; qui, oltre Santa Margherita, vi è un affresco che raffigura San Guglielmo e un altro con Federico II che si imbatte in tre scheletri. (A.V.)
-Relazione con il Santo Guglielmo e i suoi miracoli
Di ritorno da Compostela, provenendo da Roma e passata Benevento, a Melfi -come narrato nella ‘Legenda’-, Guglielmo trovò ospitalità in casa di un certo Ruggero, il quale gli fece conoscere il tesoro dei salmi, cominciando a istruirlo sul salmo 109, il Dixit Dominus, uno dei salmi più importanti del salterio davidico. Agli occhi di Guglielmo si aprì allora un orizzonte nuovo, il tesoro delle Sacre Scritture, e da allora -ci dice il primo biografo- nessun mistero della S. Scrittura rimase a lui sconosciuto.
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Coord. geogr. di Melfi (Pz) – Cattedrale di Santa Maria Assunta: 40°59’48.232″N 15°39’29.171″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: Arrivo della Tappa 11
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27 Venosa (Pz)
-Notizie geografiche e storiche
Venusia, fondata al confine tra l’Apulia e la Lucania, a 415 metri di altitudine con 12.000 abitanti, è una città dalle profonde radici storiche ma è nota soprattutto grazie a Orazio e all’Appia. Fu occupata dai Romani nel 291 a seguito della vittoria sui Sanniti. Dopo la battaglia di Canne, nel 217 vi si rifugiò lo sconfitto Terenzio Varrone. Fiorì durante tutto l’impero, per poi venire saccheggiata dai saraceni nel IX sec. Dopo la conquista dei Normanni riacquistò l’antica importanza militare. Ha una storia lunga e interessante come provata dal suo piccolo centro storico e dai siti archeologici dei dintorni, tra i quali quello di Notarchirico dove è stato rinvenuto il femore di un esemplare di Homo erectus, vissuto circa 300.000 anni fa. Il Parco archeologico, poco fuori l’abitato, reca evidenza dell’antica colonia romana di Venusia, sulla via Appia, fondata lì dove in precedenza era già un centro abitato da comunità apule, e nota per aver dato i natali all’illustre poeta latino Orazio.
-Cosa vedere / da non perdere
Venosa è un susseguirsi di stradine e slarghi in grado di offrire scorci suggestivi e di mostrare – tramite pietre antiche, lapidi, bassorilievi, capitelli e mascheroni che qua e là emergono – i segni di una storia lunga e significativa. Percorrendo il corso Vittorio Emanuele si incontrano la quattrocentesca Cattedrale di S. Andrea e l’imponente Castello medievale voluto da Pirro del Balzo, allora signore di Venosa. Fuori dall’abitato, lungo la strada Ofantina, è il Complesso dell’Abbazia della Ss. Trinità (meta di arrivo della Tappa 12 del Cammino), uno dei più importanti monumenti medievali del Meridione. (TCI/destinazioni)
-Relazione con il Santo Guglielmo e i suoi miracoli
A Venosa è riportato uno dei miracoli più noti e suggestivi della vita di Guglielmo: ‘La prova del fuoco con la cortigiana’. È questo l’episodio al quale l’antico biografo di S. Guglielmo ha dato maggiore importanza e sviluppo, facendo dipendere da esso non solo le relazioni del Santo con re Ruggero II di Sicilia, ma anche la stessa autenticità delle sue virtù. La cortigiana tentatrice mutò vita divenendo, secondo gli storici verginiani, la beata Agnese da Venosa.
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Coord. geogr. di Venosa (Pz) – Complesso della Ss. Trinità: 40°58’10.175″N 15°49’38.057″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: Arrivo della Tappa 12
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28 Minervino Murge (Bat)
-Notizie geografiche e storiche
Minervino è un comune della Puglia Imperiale -di circa 7.900 abitanti- inserito nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia; siamo a 445 metri di altitudine e a breve distanza dal federiciano iconico Castel del Monte. Minervino conserva, nella sua parte più antica, il borgo medioevale ‘Sesciola’, ricco di pregevoli monumenti e con case in pietra spesso collegate da archi. Antichi sentieri, i tratturi, sono presenti in tutto il territorio circostante e utilizzati ancora come luoghi di passaggio nei terreni adibiti a pascolo.
-Cosa vedere / da non perdere
Innanzitutto, la Grotta dell’Arcangelo Michele (meta di arrivo della Tappa 13 del Cammino). Situata ai piedi del paese, la grotta è una cavita carsica la cui formazione risale al Quaternario (2 milioni d’anni fa), periodo in cui quest’area, sino ad allora sommersa, comincia ad innalzarsi sul livello del mare. Le prime testimonianze scritte sono in una pergamena conservata nell’Abbazia di Montecassino, e datata 12 febbraio dell’anno 1000. La grotta doveva, però, essere conosciuta e frequentata già in passato e presumibilmente in età paleocristiana. Antico luogo di culto micaelico, la Grotta ha un interesse storico, artistico e speleologico. Nel centro storico, sono da visitare il Palazzo Baronale, di origini longobarde, trasformato dai normanni e con bella facciata neoclassica, fu costruito nella parte settentrionale del borgo con scopi difensivi. Da visitare, ancora, le Torri e, soprattutto, il Castello, oggi sede del Municipio, la cui parte più antica risale al XI secolo. Minervino, inoltre, è ricco di numerose chiese appartenenti a diverse epoche: la Cattedrale, antico Duomo e sede vescovile per sei secoli, edificata sotto la dominazione normanna; la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, nel centro storico della Scesciola; la Chiesa del Purgatorio, voluta nel XV secolo dal Principe di Minervino; la Chiesa di San Michele, con una forma ottagonale che ricorda il vicino Castel del Monte.
-Paesaggio
Il titolo di “Balcone delle Puglie” esprime al meglio la bellezza e l’unicità del panorama di cui si può godere da Minervino Murge. Basta percorrere le vie alte del centro storico e affacciarsi in più punti per ammirare il panorama dell’estesa pianura, distesa fino ai piedi del Vulture. Da qualsiasi punto di Minervino Murge è anche visibile il ‘Faro’, costruito nel 1932 in epoca fascista, per ricordarne i caduti. Dalla sua loggetta è possibile ammirare il panorama dal Vulture (Basilicata) al Gargano (Puglia).
-Relazione con il Santo Guglielmo
Una chiesa di Minervino è riportata tra le fondazioni legate all’Abbazia del Goleto.
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Coord. geogr. di Minervino Murge (Bat) – Grotta dell’Arcangelo Michele: 41°5’39.3″N 16°4’34.842″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: Arrivo della Tappa 13
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29 Canosa (Bat)
-Notizie geografiche e storiche
Città della provincia di Barletta-Andria-Trani, a 105 metri di altitudine, con circa 31.000 abitanti, è su un pendio alla destra del fiume Ofanto, all’estremità NO delle Murge. E’ centro commerciale e agricolo, con piccole industrie alimentari e dei materiali da costruzione. Nodo autostradale per Napoli, Bari e Bologna. Il nome antico era Canusium (gr. Kανύσιον); città daunia, fondata secondo la leggenda da Diomede, divenne romana nel 318. Era rinomata per l’industria della lana e per la produzione delle ceramiche, testimoniata da numerosissimi esemplari, spesso di grandi dimensioni, provenienti dalle tombe della città e dalle necropoli di tutta la Puglia e appartenenti a epoche diverse: dai più antichi, senza vernice e a decorazione geometrica (caratteristica fra tutte la forma di cratere a imbuto), ai cosiddetti vasi listati, con decorazione a fasce parallele, geometrica e figurata insieme, a quelli d’imitazione greca a vernice nera con figure rosse, fino ai grandi aschi bianchi con ornamentazione figurata plastica. La città medievale sorse all’incirca dove era la vecchia Canusium; devastata dalle incursioni barbariche, cominciò a rifiorire in epoca longobarda, ma fu nuovamente distrutta dai Saraceni, nell’840-70; ricostruita verso il 965, fiorì in età normanna (11°-12° sec.). Danneggiata dalle guerre dinastiche in epoca angioina (14°-15° sec.), resistette eroicamente nel 1502 a fianco degli Spagnoli contro le truppe francesi, che la occuparono solo dopo lungo assedio. Nel 1530 Carlo V la diede in dono a Filiberto d’Orange, ma due anni dopo la concesse a Onorato Grimaldi, i cui discendenti la vendettero nel 1643 a Filippo Affaitati; nel 1818 fu assegnata al vescovo di Andria. (Treccani)
-Cosa vedere / da non perdere
Da non perdere il lungo Ponte Romano, con possenti arcate in muratura di pietra che fondano nelle acque del fiume Ofanto; in prossimità del ponte, da non perdere, è l’Arco di Traiano. Spostandoci nel centro storico: la Concattedrale di S. Sabino (meta di arrivo della Tappa 14 del Cammino) con l’annesso Mausoleo di Boemondo d’Altavilla e la Canosa sotterranea partendo dagli Ipogei Lagrasta.
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Coord. geogr. di Canosa (Bat) – Concattedrale di S. Sabino: 41°13’22.523″N 16°3’57.766″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: Arrivo della Tappa 14
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30 Canne della Battaglia
-Notizie geografiche e storiche
A 16 km. da Canosa è il vasto sito archeologico di Canne della Battaglia; qui, nel 216 a.C. si svolse una delle principali battaglie della II guerra punica. Annibale, col suo esercito cartaginese e con i suoi leggendari elefanti, accerchiò e distrusse completamente l’esercito romano. L’estesa area archeologica è aperta al pubblico unitamente al Museo integrato.
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Coord. geogr. di Canne della Battaglia – Parco e Museo Archeologico: 41°17’44.621″N 16°9’12.528″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: lungo il tracciato della Tappa 15.
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31 Barletta (Bat)
-Notizie geografiche e storiche
Città marinara della Puglia, a 15 metri di altitudine, con circa con 93.275 abitanti, è capoluogo di provincia con Andria e Trani. Affaccia sul Mare Adriatico, a S della foce dell’Ofanto, al margine settentrionale delle Murge. L’attività del porto è vivace; tra le fonti di reddito sono da segnalare, infatti, anche la pesca e il turismo. E’ nodo stradale e ferroviario sulla direttrice Bologna-Lecce. Esistente già nel 3° sec. a.C., B. in età romana fu la stazione balneare della vicina Canosa, con il nome di Barduli. Caduto l’Impero Romano, appartenne successivamente ai Goti, ai Bizantini e ai Longobardi. Nel 1190 ottenne dai Normanni il titolo di città; sotto gli Hohenstaufen, nel sec. 13°, ebbe i primi privilegi a tutela del suo sviluppo economico, floridissimo nei sec. 14°-15° con gli Angioini, per il commercio con l’Oriente. I saccheggi, i terremoti, la peste, il malgoverno spagnolo la condussero, verso la fine del sec. 17°, quasi in rovina. Risorse nella seconda metà del sec. 18°. Barletta è sempre stata il porto più importante sull’Adriatico a sud di Ancona; oggi è una bella città di mare, dotata di uno splendido (e poco conosciuto) patrimonio storico e architettonico. (Treccani)
-Cosa vedere / da non perdere
Innanzitutto, la Basilica del Santo Sepolcro, meta di arrivo del Cammino; di stile gotico-borgognone risale alla fine del XIII sec.; sul lato est è il ‘Colosso’, statua bronzea abbandonata per naufragio sulla spiaggia di Barletta dai Veneziani che l’avevano presa in Oriente. Inoltre, da visitare nel centro storico, il Duomo, importante esempio dell’architettura romanica pugliese. Nei dintorni del Duomo, da non perdere è la celebre Cantina della Disfida: qui, durante le lotte tra Spagnoli e Francesi, nel 1503, 13 cavalieri italiani -guidati dal condottiero Ettore Fieramosca- sfidarono e sconfissero a duello altrettanti cavalieri francesi (condotti da Guy de La Motte) che avevano osato accusarli di tradimento e scarso coraggio. Poco distante dal centro storico, affacciato sul mare, è il vasto e imponente Castello Svevo, con resti di età sveva, ricostruito nel XVI sec. Da non perdere, ancora, è lo splendido Palazzo Della Marra dove all’interno è custodita la preziosa Pinacoteca De Nittis; è allestita la più vasta collezione di dipinti del celebre pittore impressionista Giuseppe De Nittis; è un museo che da solo vale il viaggio a Barletta. Si segnalano, in particolare, i paesaggi dipinti sulle sponde dell’Ofanto. (AV)
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Coord. geogr. di Barletta (Bat) – Basilica del Santo Sepolcro: 41°19’9.484″N 16°16’52.54″E
Relazione col ‘Cammino di Guglielmo’: Arrivo dell’ultima Tappa (15).
L’Irpinia, l’Appia e l’Ofanto
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L’IRPINIA
L’Irpinia è il pezzo d’Appennino che comincia quando bruscamente finisce la pianura campana e va avanti fino a quando cominciano i dolci profili dei monti dauni. Dunque tra il capoluogo campano e la Puglia. Terra di mezzo, ma non terra media, terra di alture ruvide e spinose, terra conosciuta per il terremoto e non per la sua straordinaria bellezza. L’Irpinia non somiglia alla vicina Lucania e neppure al Sannio e al Cilento o all’Abruzzo interno. È un luogo unico dal punto di vista orografico nel nostro Appennino. La catena montuosa corre a ovest, all’altezza di Avellino. Da lì verso est comincia un vasto altipiano ondulato che va avanti per una settantina di chilometri fino all’estremo lembo orientale di Monteverde: dal castello del paese si vede il castello di Melfi come se fosse a due passi. Dall’altro lato, nell’estremo lembo occidentale dell’Irpinia, dal castello di Avella, si vede assai bene tutta la trama della pianura campana e dei paesi accampati alle pendici del Vesuvio. L’Irpinia è una provincia senza mare. Sono pochissime nel Sud le province non bagnate dal mare. Ma in compenso è una provincia con tanta acqua. Da Caposele partono le sorgenti che dissetano la Puglia e da Serino quelle che dissetano Napoli. Come tante province italiane anche l’Irpinia dà il suo contributo alla straordinaria diversità geografica del nostro paese. Zone di fitti boschi e vaste alture dove gli alberi li puoi contare sulle dita di una mano. (da Guida Verde ‘Campania’ / Touring Club Italiano)
Irpinia, pane e vino
Irpinia è sinonimo di ottimi vini, tema questo su cui l’area punta per il suo rilancio turistico. In moltissime cantine (consorziovinidirpinia.it) si producono e si possono degustare e acquistare le tre eccellenti Docg dell’area: il Fiano di Avellino, il Taurasi e il Greco di Tufo. Spicca la premiata cantina Antonio Caggiano di Taurasi (cantinecaggiano.it), oltre alla celebrata Feudi di San Gregorio a Sorbo Serpico (feudi.it). A Monteverde il birrificio Serro Croce (serrocroce.it) produce eccellenti birre artigianali utilizzando solo cereali locali. Se poi ci si siede a tavola, tra i prodotti della tradizione contadina e pastorale non c’è che I’imbarazzo della scelta. Qualche esempio: la cipolla ramata di Montoro, il caciocavallo di Calitri, il formaggio carmasciano di pecora, la zucca essiccata di Aquilonia, l’olio extravergine Dop delle colline dell’Ufita, il tartufo nero, le castagne e le nocciole (in due varietà: avellana e mortarella), i torroni di Dentecane. Quanto ai liquori, sono da provare l’Amaro Verginiano e I’Anthemis prodotti nell’abbazia di Loreto, oltre al nocillo che si fa abitualmente nelle case. (da Guida Verde ‘Campania’ / Touring Club Italiano)
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LA VIA APPIA
È la prima e più importante delle grandi strade costruite dai Romani, conosciuta anche come ‘regina viarum’. Fu costruita verso la fine del IV secolo a.C., nel 312, per garantire una comunicazione rapida e diretta tra Roma e Capua. Secondo lo storico romano Livio, fu costruita dal censore Appio Claudio Cieco, al quale deve il suo nome. La strada fu concepita come ‘via publica’, quindi non soggetta a pedaggio e destinata a servire la popolazione rurale e urbana. Apposite pietre miliari indicavano le distanze principali; vi erano stazioni postali a intervalli regolari che fornivano il cambio dei cavalli e l’alloggio. Il tracciato della Via Appia fu esteso più volte, in corrispondenza con l’espansione dell’influenza romana sulla Penisola, prima fino a Benevento, intorno al 268 a.C., poi attraverso gli Appennini fino a Venosa e di nuovo fino a Taranto. Infine, nel II secolo a.C., raggiunse Brindisi, principale porto per le navi dirette in Grecia e in Oriente. La via Appia rimase in perfetta efficienza per diversi secoli, fino al Medioevo, quando la strada attraversò un periodo di abbandono. Nel XIV secolo divenne nuovamente la principale via di accesso al Sud Italia. Completamente restaurata dai Papi e dai Re di Napoli, la strada fu inclusa da Napoleone tra gli itinerari che considerava essenziali per le sue attività politiche e militari. Inoltre, la Via Appia ha svolto e svolge un ruolo unico nel quadro della rete viaria romana in quanto ha indotto lo sviluppo di siti, idee, opere, testimonianze e memorie che, nel corso di oltre 2300 anni di storia, hanno costituito un ambiente culturale complesso, universalmente riconosciuto come tale da scrittori, pittori, poeti e viaggiatori europei e americani. Dal 2024 è stata iscritta alla Lista del Patrimonio Mondiale Unesco (fonte: Unesco.it).
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Coord. geogr. relative alla via Appia
Benevento – Chiesa di Santa Sofia: 41°7’49.843″N 14°46’51.715″E
Aeclanum – Parco Archeologico: 41°3’16.15″N 5°0’43.999″E
Santuario della Dea Mefite – Rocca S. Felice (Av): 40°58’29.554″N 15°8’47.184″E
Taverne di Guardia Lombardi (Av): 40°57’34.711″N 15°12’24.692″E
Pons Aufidi – Ponte Santa Venere nei pressi della stazione ferroviaria di Rocchetta S. Antonio (incrocio tra Appia e Ofanto): 41°4’29.024″N 15°32’43.447″E G.Map
Venosa (Pz) – Basilica della Ss. Trinità: 40°58’10.175″N 15°49’38.057″E
Ponte Romano a Canosa (incrocio tra Appia e Ofanto): 41°13’45.736″N 16°1’17.188″E
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IL FIUME OFANTO
Il fiume Ofanto, noto anticamente come Aufidus, è celebre per la battaglia di Canne e per essere stato celebrato dal poeta Quinto Orazio Flacco, come il fiume presso il quale era nato. Lungo il suo corso si trovavano città storiche come Compsa, Melfi e Venosa (quest’ultima su affluenti), Canosa e Canne della Battaglia. Polibio e Strabone menzionano il fiume nei loro scritti così come è citato da Virgilio nell’Eneide. Il fiume è riportato nella Tabula Peutingeriana, una copia del XII-XIII secolo di un’antica carta romana che mostrava le vie militari dell’impero. L’Ofanto, lungo 170 km, tra i corsi d’acqua che portano all’Adriatico è quello che nasce a minor distanza dal Tirreno. Ha origine nell’altipiano irpino (in prossimità dell’Abbazia del Goleto) e scorre in direzione di Nord-Est, avvolgendo da Nord-Ovest la montagna del Vulture e ingrossandosi in prossimità del Ponte Santa Venere, a Rocchetta Sant’Antonio, prima di entrare nella vasta piana canosina. Dopo aver attraversato la Campania orientale, la Basilicata e la Puglia settentrionale, sfocia nel Mar Adriatico, in prossimità di Barletta. San Guglielmo, così come tanti altri pellegrini e viaggiatori dell’epoca, per portarsi all’imbarco verso la Terra Santa seguì il suo corso, tra il Tirreno e l’Adriatico incrociando la Francigena, l’Appia, e la Micaelica. Il celebre pittore Giuseppe De Nittis (Barletta 1846, Saint-Germain-en-Laye 1884) ha dipinto la bellezza dei paesaggi ofantini nei suoi anni giovanili; una preziosa raccolta delle sue opere è esposta nella Pinacoteca dedicatagli all’interno del Palazzo della Marra, a Barletta. Dal 2003, è stato istituito il Parco naturale regionale Fiume Ofanto dalla regione Puglia; a breve dovrebbe evolvere in Parco nazionale (A.V.)
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Coord. geogr. relative al fiume Ofanto
Pons Aufidi – Ponte Santa Venere nei pressi della stazione ferroviaria di Rocchetta S. Antonio (incrocio tra Appia e Ofanto): 41°4’29.024″N 15°32’43.447″E G.Map
Ponte Romano a Canosa (incrocio tra Appia e Ofanto): 41°13’45.736″N 16°1’17.188″E
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I siti naturalistici attinenti alla vita di Guglielmo
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Area del Parco Regionale del Partenio
(Montevergine)
Istituito nel 2002, si estende per 14.870 ettari sul territorio di 22 comuni e quattro province; la sede si trova in centro a Summonte. Il territorio è in gran parte montuoso, con le massime elevazioni nei monti Avella (m. 1598), Ciesco Alto (m. 1357) e Montevergine (m. 1493). Tra le cime si aprono ampi pianori carsici circondati da fitte faggete, miste ad aceri e tassi. Alle quote intermedie, tra i 500 e i 1000 m., regna il castagno (alla base di una rinomata produzione di castagne), mentre a bassa quota la specie arborea più diffusa è il leccio, insieme a orniello, prugnolo, alaterno, ligustro. Nel parco, attraversato da molti sentieri segnati dal Club Alpino Italiano, vivono varie specie di rettili (ramarro, biacco, geco, saettone) e di anfibi (salamandrina dagli occhiali, salamandra pezzata, ululone dal ventre giallo). Nei suoi diversi ambienti nidificano numerose specie di uccelli, a partire dai rapaci, il falco pellegrino e la poiana. Ben rappresentati, per quanto più difficili da avvistare, anche i mammiferi: talpe, donnole, ricci, faine e volpi sono i più comuni, ma non mancano moscardini e ghiri. Assai più raro il lupo grigio. (da Guida Verde ‘Campania’ / Touring Club Italiano)
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Area del Parco Regionale dei Monti Picentini
(Chiusano, Castelvetere, Montemarano, Cassano, Montella, Bagnoli, Laceno, Nusco)
Il parco regionale dei Monti Picentini è un’area naturale protetta della regione Campania, istituita nel 1995, con sede a Nusco (Av). ll territorio si estende su una superficie di circa 63.000 ettari, compreso in 30 comuni delle Province di Avellino e Salerno. Il Parco salvaguarda il bacino idrografico più importante del mezzogiorno in un complesso di straordinaria rilevanza naturalistica. Dalle sorgenti dei monti Picentini, coperti di faggi, cerri e castagni secolari, nascono i fiumi Ofanto, Sele, Calore, Sabato e Picentino le cui acque sono incanalate negli acquedotti che servono la Puglia, la Basilicata, l’Irpinia e l’area metropolitana di Napoli e Salerno. Il suolo risulta molto fertile grazie alla morfologia del terreno che assorbe un notevole quantitativo di acqua. La dorsale dei monti Picentini è di struttura calcareo-dolomitica e si eleva nel suo punto massimo con il monte Cervialto (1809 m.) ai cui piedi si estende l’altopiano del lago Laceno. Seguono il monte Terminio (1.806 m), il monte Polveracchio (1.790 m), l’Accellica (1.660 m), il Mai (1606 m), il Pizzo San Michele (1.567 m) e il Montagnone di Nusco (1.486 m) Del parco fanno parte l’oasi naturale del Monte Polveracchio, l’oasi naturale Valle della Caccia, l’oasi naturalistica Frassineto e l’altopiano del lago Laceno. Il territorio montano del parco è ricco di boschi di castagno, faggio, cerro, acero e ontano.
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Area del Parco Naturale Regionale del Vulture
(San Fele, Pierno, Laghi di Monticchio, Melfi, Venosa)
Il Parco Naturale Regionale del Vulture, istituito nel 2017, è il più giovane tra le riserve e le aree protette della Basilicata. Il suo nome lo si deve al Monte Vulture, un vulcano assopito da millenni, i cui crateri sono occupati da due suggestivi specchi d’acqua ellittici immersi nel verde, i Laghi di Monticchio.
La vegetazione del Parco Naturale Regionale del Vulture è ricchissima, composta in prevalenza da fitti boschi di castagni, lecci e faggi, abeti bianchi, salici, ciliegi selvatici e acacie. Queste fitte distese nascondono torrenti e cascate, come quelle spettacolari di San Fele, mentre nel territorio di Rionero in Vulture sgorgano le acque minerali imbottigliate da varie multinazionali. Altre sorgenti idrominerali sono presenti anche nei dintorni della città di Melfi. L’unicità e la varietà dell’habitat naturale del Parco Naturale Regionale del Vulture, consente la permanenza di una fauna ricca e diversificata, con molte specie protette.
La presenza di un ambiente umido, con i Laghi di Monticchio, favorisce la presenza di varie specie di anfibi, rettili e uccelli d’acqua. Lungo i canneti del Lago Grande, infatti, è possibile trovarvi la Gallinella d’Acqua, vi nidificano inoltre gli usignoli e vi svernano i germani.
Tra i rapaci, sono presenti il Gufo Reale, il Nibbio Bruno, il Falco Pecchiaiolo, il Falco di Palude. In quest’area è inoltre concentrata la maggior parte della popolazione italiana di Nibbio Reale.
Una specie unica che abita nel Parco Regionale del Vulture è la Bramea di Hartig, farfalla preistorica notturna, sopravvissuta all’estinzione per oltre 750 mila anni, tipica dell’Oriente ed assente in Europa Occidentale. È visibile solo per poche ore nelle serate di primavera, in quanto trascorre ben tre anni della sua breve esistenza sotto forma di crisalide.
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Area del Parco Naturale Regionale del Fiume Ofanto
(Minervino, Canosa, Barletta)
Il Parco Naturale Regionale “Fiume Ofanto” è stato istituito con Legge Regionale Puglia 14 dicembre 2007, n. 37; si estende per una superficie pari a 24.883,19 ha, ricadente nei comuni di Ascoli Satriano, Barletta, Candela, Canosa di Puglia, Cerignola, Margherita di Savoia, Minervino Murge, Rocchetta Sant’Antonio, San Ferdinando di Puglia, Spinazzola e Trinitapoli, interessando le Province di Barletta Andria Trani e Foggia. Una parte dell’Area Protetta coincide arealmente con il Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C.) “Valle dell’Ofanto – Valle di Capacciotti” (cod. IT9120011), ora Zona Speciale di Conservazione (Z.S.C.) designata con Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 21 marzo 2018.
Alla struttura territoriale definita prevalentemente dal bacino idrografico del fiume Ofanto corrisponde una complessa stratificazione insediativa, in particolare nel suo medio e basso corso. Tramite diretto tra versante tirrenico (sorge in Alta Irpinia, ai piedi dei monti Picentini, in prossimità dell’Abbazia del Goleto) e versante adriatico, l’ampia valle del fiume si è configurata quale elemento territoriale primario per lo sviluppo dell’insediamento dall’età prepotostorica a quella contemporanea. Elemento di mediazione tra popolazioni peucete e daune, e tra queste ultime e le popolazioni delle colonie greche di Taranto e Metaponto attraverso il corso del Bradano, il fiume Ofanto, che già in età neolitica aveva conosciuto in insediamento in villaggi, nell’età del Bronzo costituisce un fortissimo elemento di attraversamento in direzione NE-SO. La relazione tra Lucania (territorio di Lavello, Venosa e Melfi) e il versante pugliese adriatico è messa in valore da un sistema di viabilità secondaria sviluppatosi e strutturatosi in età romana.
I principali centri urbani o villaggi della destra idrografica del fiume, Bardulos (Barletta), Cannae (Canne), Canusium (Canosa), Venusia (Venosa), alcuni dei quali potenti avamposto della colonizzazione romana nella regione in età repubblicana, sono infatti collegati da vie (Canusium-Venusia, Canusium-Cannae, Cannae-Bardulos) che corrono parallele al corso del fiume e, almeno in un caso (la via Canusium-Cannae-Salapia), lo attraversano sfruttando un guado nei pressi dell’insediamento di Canne.
È indubbiamente Canosa, grande centro daunio, poi romanizzato e successivamente elevato a colonia imperiale, ad aver fatto i maggiori benefici dalla vicinanza al fiume e dalla posizione favorevole, su una collina nei pressi del principale guado del fiume, valorizzato del ponte romano ancora visibile.
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Parco Regionale Gallipoli Cognato – Piccole Dolomiti Lucane
Monte Cognato
Nel cuore della Basilicata, a cavallo tra le province di Potenza e Matera si estende per quasi 30 mila ettari, il Parco Naturale Regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane. Istituito nel 1997, è noto soprattutto per le spettacolari forme dolomitiche aguzze dove sono abbarbicati be centri storici, in particolare come quelli di Castelmezzano e di Pietrapertosa uniti tra loro dal ‘Volo dell’Angelo’.
La superficie del parco è ricoperta quasi interamente dalla foresta di Gallipoli Cognato e dal Bosco di Montepiano, formato da imponenti esemplari di cerro, odorosi tigli, peri e meli selvatici, aceri, ontani e il raro agrifoglio, mentre alle quote più basse, si estende la macchia mediterranea. In primavera ci si incanta di fronte al suggestivo spettacolo offerto dalla fioritura dei ciclamini, delle anemoni e delle viole.
Alla varietà di vegetazione del Parco Regionale Gallipoli Cognato fa eco una diversità di specie faunistica, oltre a mammiferi, quali lupi, tassi, istrici, gatti selvatici e cinghiali, sono presenti anche alcuni anfibi, come il tritone Italico e la salamandrina dagli occhiali. Nel parco nidifica inoltre la cicogna nera ed è facile osservare in volo diversi grandi rapaci, come il falco pellegrino, la poiana e il nibbio.
Nella ‘Legenda della vita del santo Guglielmo’ numerose sono le citazioni, i luoghi e i miracoli relativi, in particolare, al Monte Cognato. Le attuali tracce toponomastiche ci portano nel territorio del Parco regionale Gallipoli Cognato –Piccole Dolomiti Lucane, in Basilicata; in particolare, nella località Palazzo del comune di Accettura (Mt), nell’alto dei boschi di Gallipoli Cognato, vi sono importanti tracce e ambienti di un insediamento monastico basiliano, risalente al XI sec., passato poi alle monache benedettine. Da quanto si legge nella presentazione del Parco, intorno al 1123 questo luogo ospitò San Guglielmo. Qui, a Gallipolis (Accettura), fondò una chiesa (Santa Chiara) e l’annesso Monastero di S. Maria di Serracognata che passò poi alle Clarisse; successivamente, con l’Unità d’Italia, il complesso passò al demanio dello Stato. Il vecchio orto del monastero ospita oggi l’Orto botanico.
-Relazione con il Santo Guglielmo e i suoi miracoli
Un’altra interessante traccia è data dalla Cappella di S. Maria di Monte Cognato, risalente al 1100, ove S. Guglielmo da Vercelli, insieme a S. Giovanni da Matera, nel 1128, dopo essere passati da Tricarico, vi giunsero, e decisero di fermarsi in quel luogo di pace costruendovi un eremo. Dopo un breve periodo decisero di dividersi scambiando i propri abiti: San Giovanni andò a Monte S. Angelo sul Gargano, mentre Guglielmo rimase ancora una volta solo, conducendo vita eremitica. Qui esorcizzò un indemoniato, un cacciatore che dopo aver colpito l’elmo in ferro indossato dal santo ne sfigurò il volto, prima di essere posseduto dal demonio. I suoi compagni di caccia assistettero al miracolo di Guglielmo che liberò l’uomo dal demonio, diffondendo in zona la sua fama di santità. Nei pressi della Cappella di Cognato vi è un’importante sorgente detta ‘Acqua del Tremolo’. (A.V.)
Il Monte Cognato è riportato molte volte nella ‘Legenda’; vi sono narrati numerosi miracoli. Seguono i titoli dei paragrafi riportati in ‘Episodi della vita di San Guglielmo’, opera di Giovanni Mongelli O.S.B.: ‘S. Guglielmo e S. Giovanni da Matera sul monte Cognato’, ‘L’indemoniato sul monte Cognato’, ‘Il grammatico di Albano di Lucania’, ‘Il cinghiale che rovina l’orto al monte Cognato’, ‘La guarigione di una donna lunatica’.
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Coord. geogr. del Monte Cognato – Accettura (Mt) – Loc. Palazzo – sede del Parco:
40°31’58.717″N 16°7’3.508″E
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luoghi a cura di A.V.